A quasi nove anni dal crollo del Rana Plaza, possiamo affermare di aver incluso la consapevolezza nella scelta di nuovi capi di vestiario nella nostra agenda. Lo testimonia anche la nascita di molteplici marchi che fanno della sostenibilità la loro mission. Tuttavia, la produzione di nuovi capi di abbigliamento, per quanto sostenibile, prevede spesso l’utilizzo di risorse non rinnovabili. Fortunatamente, esiste la possibilità di ampliare il proprio armadio a costo quasi zero per l’ambiente: comprare abiti usati.
Tuttavia, questa scelta potrebbe limitare chi fa dello stile un modo per esternare la propria personalità. A questo proposito, il ritorno del vintage ci viene incontro. Per la prima volta, infatti, non troviamo solamente capi ispirati a mode trascorse, ma vecchi indumenti riportati in vita, in un’ottica green e sostenibile. Parte del merito di questo va dato ad alcuni designer emergenti che hanno avuto l’idea di riutilizzare vecchi tessuti, materiali riciclati e tessuti in stock per rinnovare vecchi capi, come Bode, Marine Serre e Kevin Germanier.

Da cosa nasce il trend
Secondo il Boston Consulting Group, il prossimo anno gli abiti usati costituiranno circa il 25% del nostro guardaroba. Inoltre, il 70% dei consumatori intervistati ha dichiarato di essere intenzionato a vendere gli abiti che non avrebbe più usato. Questo denota una maggiore coscienza ambientale nei consumatori. Tuttavia, dall’analisi emerge anche il desiderio di poter avere possibilità di scegliere. Dopo aver analizzato queste preferenze, negli ultimi anni i marchi più famosi si sono adattati includendo nella loro offerta una sezione dedicata agli abiti usati.
Nel 2019 è stato pubblicato l’ultimo aggiornamento del The Pulse of the Fashion Industry, prodotto da Global Fashion Agenda, Boston Consulting Group e Sustainable Apparel Coalition. Esso associa un indice di sostenibilità all’industria del fashion. Nonostante sia in aumento (32 punti nel 2017, 38 nel 2018 e 42 nel 2019) , gli effetti ambientali e sociali negativi si stanno manifestando molto più in fretta delle migliorie in termini di sostenibilità.
I vantaggi di scegliere vestiti di seconda mano
Comprare vestiti di seconda mano può essere un’alternativa, per diverse ragioni. Prima tra tutte, comprando vestiti usati contribuiamo ad abbassare la domanda per la produzione di nuovi capi. Inoltre, acquistare un capo d’abbigliamento usato vuol dire allungare la vita di un oggetto che sarebbe altrimenti finito in discarica. Questo si traduce in una riduzione degli sprechi.
Non solo il materiale che altrimenti finirebbe in discarica: comprando abiti usati, contribuiamo anche a ridurre l’inquinamento causato dai trasporti e lo sfruttamento dei lavoratori nei Paesi in via di sviluppo. Infine, un argomento spesso dibattuto è il prezzo: non sempre acquistare abiti usati è più economico dell’acquisto di abiti nuovi. Questa variabile è infatti influenzata da diversi fattori, come la qualità del materiale, lo stato del capo di vestiario e il prezzo originale.
Possibili svantaggi nell’acquisto di abiti usati
Non solo vantaggi, ma anche possibili svantaggi si celano dietro l’angolo. Ad esempio, dovremmo partire dalla consapevolezza che alcuni prodotti di seconda mano non dureranno così a lungo come dei prodotti nuovi. Un secondo svantaggio potrebbe essere costituito dal tempo e dalle energie impiegati alla ricerca di un capo usato. Infatti, possono essere sensibilmente maggiori rispetto alla ricerca finalizzata all’acquisto di un capo nuovo. Questo avviene a causa della scelta limitata all’interno di un negozio di abiti usati.
Dove trovare abiti usati?
Ecco una lista utile di negozi e profili da seguire:
- Il Vestito Verde, un database che raggruppa gli e-commerce di moda sostenibile ed etica diviso in categorie, fasce di prezzo, sostenibilità e provenienza.
- Mercato delle Occasioni, una realtà tutta italiana dove comprare e rivendere usato.
- Vinokilo, un progetto nato in Germania con l’idea di rimettere in circolo l’invenduto nei magazzini, dopo averlo ricondizionato. Come suggerisce il nome, gli indumenti sono venduti al chilogrammo. La qualità è garantita, in quanto non accettano indumenti prodotti da brand che producono fast-fashion. Caldamente consigliato prenotare! Al link potrete trovare i prossimi eventi in Europa.
- Vinted, un negozio online basato in Lituania dove rimettere in vendita e acquistare abiti e accessori usati. Disponibile su iOS, Android e accessibile dal browser.
- Depop, negozio online con sede a Londra, anche questo disponibile su App Store e Google Play oltre che accessibile dal browser.
- Etsy, dove poter sostenere artigiani indipendenti e comprare articoli unici nel loro genere. Qui vi lascio il link per la sezione “pre-loved”.
- Vestiaire Collettive, negozio online specializzato nella vendita di prodotti di lusso di seconda mano.
- Cecilia Maertens Cottafavi, che usa il suo profilo Instagram per “parlare (quasi) solo di vintage”.
- Sarah Lombardi, dà consigli su come ricondizionare abiti, scarpe e accessori usati, oltre a suggerire negozi dell’usato.
… e tanti altri ancora. Provate a esplorare i mercatini delle vostre città, potreste scoprire delle ottime occasioni e sorprese inaspettate!
Conseguenze inattese
Un esempio che ho personalmente trovato stimolante è quello del The Repair Cafe, nel villaggio di Holbrook (contea del Suffolk, a est del Regno Unito). L’ultimo sabato del mese un gruppo di volontari si dedica alla riparazione di abiti, oltre che accessori, utensili da cucina, orologi e stereo. Il progetto non contribuisce solamente a rompere lo stigma legato all’acquisto di indumenti o accessori usati, ma anche a creare un senso di comunità e di scopo comune. Inoltre, aiuta a ridurre il senso di solitudine dei membri più anziani del villaggio. Progetti simili sono in seguito nati in altri villaggi della contea del Suffolk, testimoniando il successo dell’idea.