Un inaspettato alleato
La scorsa estate abbiamo avuto modo di provare sulla nostra pelle gli effetti del cambiamento climatico. Abbiamo modo e tempo di invertire la rotta, ma è importante agire in fretta. Tuttavia, la mole di lavoro potrebbe risultare eccessiva per i soli esseri umani. Per questo motivo, cerchiamo degli alleati che ci aiutino a contrastare il cambiamento climatico e a risanare i nostri oceani. Un insospettabile aiuto sembrerebbe arrivare da un gruppo di organismi che incontriamo spesso quando andiamo al mare. Le calpestiamo, le tocchiamo e a volte ci fanno anche un po’ senso: sto parlando delle alghe. Questi organismi che variano incredibilmente in dimensioni, forme e colori si stanno rivelando ricchi di sorprese.
Cosa sono esattamente le alghe
Le alghe sono organismi autotrofi, capaci di produrre energia attraverso la fotosintesi. Infatti sfruttando la luce del sole sono capaci di produrre il nutrimento necessario alla loro sopravvivenza. Possono essere unicellulari o pluricellulari; avere dimensioni microscopiche, come nel caso delle microalghe, o raggiungere dimensioni notevoli, ad esempio il Kelp arriva anche ai 30 m di lunghezza.
Inoltre, possono presentare colorazioni differenti: verdi, ricche quindi di clorofilla, ma anche marroni, brune o rossastre, a seconda di quale pigmento è maggiormente presente al loro interno. Un diverso pigmento permette loro di sfruttare differenti lunghezze d’onda della luce e quindi svolgere la fotosintesi clorofilliana. La colorazione e la struttura stessa dell’alga dipendono anche da molti altri fattori, come l’ambiente, la latitudine e la profondità in cui si trovano.
Un’ultima curiosità sulle alghe è che molte di loro possono svilupparsi per via asessuata, cioè non necessitano di organi maschili e femminili. Tuttavia, alcune specie, quelle “più evolute” hanno sviluppato metodi riproduttivi che prevedono la presenza di entrambi gli organi, in questo modo si ottiene una maggiore variabilità genetica.
Una fonte sostenibile di nutrimento
Ma adesso scopriamo in che modo questi organismi possono aiutarci. Infatti una particolare categoria di alghe, le microalghe, sta venendo studiata per le possibilità che offre come soluzione alla necessità di cibo che la sempre più crescente popolazione mondiale dovrà affrontare. Questi microscopici vegetali si presentano come una valida fonte di proteine e sono anche ricchi di nutrienti come gli acidi grassi, ad esempio gli omega-3 e omega-6. Tanto che sembrano addirittura in grado di competere con molti pesci, assicurando una maggiore qualità e un minor contenuto di contaminanti chimici.
Nutrienti nelle alghe: acidi grassi
Gli acidi grassi sono lunghe catene di grassi polinsaturi, necessari alla sopravvivenza dell’organismo, umano o animale. Il corpo umano non è infatti in grado di produrli autonomamente e deve quindi assimilarli dalla dieta. La maggior parte di noi è solita assumere l’omega-3 e l’omega-6, ma anche il DHA (acido decosaesoenoico) o l’EPA (acido eicosapentaenoico), mangiando il pesce. Ed è proprio per questo che l’impiego di microalghe nella nostra dieta si rivela un’interessante soluzione. Infatti alcune specie, come il Nannochloropsis sp. e il Phaeodactylum tricornutum, contengono fino al 39% di acidi grassi. Ottenere questa importante risorsa alimentare direttamente dal produttore primario (l’alga) permetterebbe di ridurre enormemente l’impatto che la sovrappesca ha su molti stock ittici e sull’ecosistema.
Vitamine
Ma le alghe possono contenere anche un’elevata quantità di vitamine, altro elemento necessario nella nostra dieta. Basti pensare che il genere Spirulina sp. contiene fino a 244 µg/g di vitamina B12, che previene alcune forme di anemia. La vitamina C, spesso contenuta in mandarini e arance, si trova in grandi quantità nell’alga Eisenia arborea, dove raggiunge anche quantità pari a 3.44 mg/g.

Proteine
Infine, all’interno dei microscopici vegetali marini sono presenti in elevate quantità anche le proteine, spesso identificate come mattoni del corpo umano e responsabili della sua crescita. Esse possono raggiungere un’elevata percentuale: fino al 60%, in alcune specie. Nell’Athrosphira platensis addirittura questo valore raggiunge 70%. Oltretutto, le microalghe presentano un inaspettato vantaggio: trattandosi di organismi relativamente semplici, è possibile bioingegnerizzarli per produrre determinate proteine.
Uso applicato
È noto già da tempo che alcune specie di microalghe sono ricche di sostanze nutritive salutari e hanno già avuto il via libera per essere utilizzate o commercializzate, in particolare si pensi alla Chlorella, la Dunaliella, la Haematococcus, la Schizochytrium e la Spirulina. Anche se ancora sono poco distribuite, si prestano bene come ingredienti di alcuni alimenti da noi comunemente mangiati: biscotti, dolci, snack, pasta e anche in alcuni drink.
Dato l’elevato contenuto di nutrienti, le microalghe potrebbero diventare un ingrediente fondamentale per il pane, alimento che è alla base della dieta di ogni essere umano. Questo permetterebbe di fornire tutti gli elementi nutritivi per una dieta completa nelle nazioni in via di sviluppo.
Da tempo inoltre molte microalghe sono aggiunte alla dieta di alcune specie animali da allevamento. Sembra infatti che, insieme a tutti i vantaggi già elencati, queste stimolino e migliorino la risposta immunitaria degli animali, rendendoli meno soggetti a malattie e infezioni. In animali come i polli, questa alimentazione ha portato a esemplari di dimensioni maggiori, raggiunte senza l’uso di prodotti industriali, e a un’elevata presenza di antiossidanti nelle uova e nel fegato degli uccelli.
La coltivazione di microalghe si rivela molto più ecosostenibile dell’allevamento e fornisce lo stesso quantitativo di proteine e di acidi grassi, necessari alla dieta dell’uomo. Inoltre le alghe, come tutti i vegetali, sequestrano il carbonio. Si parla infatti di una produzione di CO2 4.5 volte inferiore.
Infine, alcuni studi si sono concentrati sugli effetti che l’uso di alghe, come additivi, ha sul cibo. Ad esempio, un esperimento ha testato gli effetti della Chlorella vulgaris come colorante nei classici biscotti al burro e i risultati sono stati incredibilmente affascinati. Sembra infatti che l’uso dell’alga abbia aumentato il periodo di conservazione dei biscotti.
Alghe per fare tessuti
Le alghe hanno forme e dimensioni estremamente variabili: possono essere microscopiche e libere nell’acqua o formare gigantesche foreste, come accade per il famoso Kelp. Ed è proprio quest’ultimo tipo di alghe che ha attirato l’attenzione dell’industria tessile e della moda.
La produzione di vestiti è infatti molto inquinante e consuma un elevatissimo quantitativo d’acqua che può essere riutilizzato solo previa depurazione. Per questo molte grandi case di moda stanno cercando di reinventarsi per essere più ecosostenibili.
Ad esempio, alcuni studiosi stanno cercando il modo di utilizzare un’alga bruna (Undaria pinnatifida) per la creazione di materiale tessile ecocompatibile e che non causa irritazioni. Durante lo studio, svolto in Argentina, l’alga è stata trasformata in una polvere con cui è stato creato un foglio, che unito a vari strati di adesivo ha permesso la creazione di un tessuto. In questo modo, un elemento invasivo per le acque argentine è stato impiegato per produrre un materiale possibilmente rivoluzionario e remunerativo.
Un’azienda israeliana invece trasforma le alghe in liquido da cui, mediante due differenti procedimenti, riesce ad ottenere un colorante o un materiale tessile. Infatti unendo questo liquido a base di alghe alla cellulosa, si riesce ad ottenere un materiale assolutamente ecologico, vegano e cruelty-free.
La produzione di un materiale simile sarebbe indubbiamente rivoluzionaria. Questo permetterebbe di ridurre la necessità di materie prime che spesso portano a elevate emissioni di CO2. Inoltre, si potrebbe ridurre drasticamente la dipendenza da materiali animali dell’industria tessile. Questo si rifletterebbe ampiamente sugli allevamenti, tra i principali produttori di gas serra. Infine i vestiti prodotti con le alghe sarebbero anche biodegradabili. In questo modo, il prodotto verrebbe creato utilizzando la natura e ritornerebbe, infine, alla natura stessa.
Alghe per produrre bendaggi
Parlando di tessuti, è normale che ci vengano in mente i vestiti. Ma alcuni tessuti possono riguardare anche la medicina. Infatti recentemente si sta lavorando per ottenere dalle alghe tessuti con cui creare fasciature per trattare le ferite. Nello specifico sembrerebbe essere possibile ottenere particolari bendaggi, ricchi di polisaccaridi naturalmente utili alla guarigione, che faciliterebbero e migliorerebbero la distribuzione di farmaci nei pazienti.
Le medicazioni per ferite a base di alga presentano interessanti caratteristiche: costituiscono una barriera antivirale, antibatterica e antimicotica; modulano la coagulazione; possono ridurre le risposte infiammatorie e le risposte immunitarie.
L’agar viene già utilizzato come materiale principale per la creazione di bendaggi che permettono la rigenerazione di tessuti. Ci sono però anche alcuni svantaggi: tendono a degradarsi lentamente ed è necessario un procedimento chimico preventivo per farli diventare veri e propri biomateriali. Infatti, vengono mescolati con collagene o gelatina per migliorarne le capacità di degradazione.
Curare il pianeta con le alghe
Il mare è l’accumulatore di una grande quantità di sostanze inquinanti: metalli pesanti, nutrienti, plastica, carburanti, ecc. È quindi fondamentale trovare un metodo che possa aiutarci a risanare le acque marine, magari sfruttando ciò che la natura già ci offre. Ed è qui che le alghe e le microalghe vengono in nostro soccorso. Infatti, mediante quella che viene chiamata bioremediation, è possibile catturare molte sostanze disciolte in acqua e poi trattarle così da eliminare l’inquinante.
Già da tempo questa tecnologia è utilizzata sulla terraferma per bonificare aree che hanno subito gravi disastri ambientali. Infatti è possibile ricorrere a varie risorse per raccogliere metalli pesanti o inquinanti inorganici dal terreno: batteri e piante sono oggi gli organismi più utilizzati. Molte piante, come ad esempio i girasoli, vengono appunto sfruttate per la loro capacità di catturare e trattenere parte di questi metalli presenti nei pesticidi.
Come funziona il biorisanamento
Ma nel dettaglio, come può funzionare il biorisanamento delle alghe? Alcune specie assorbono i metalli pesanti a livello della membrana, impedendo quindi a queste sostanze di penetrare nella cellula e causare danni all’organismo. Altre specie accolgono all’interno di vacuoli i metalli, dove vengono sigillati e trattenuti dentro la cellula senza che possano causare danni. Altre strategie prevedono una vera e propria trasformazione dell’inquinante: ad esempio, le Phaeodactylum tricornutum, sfruttando agenti chelanti, riescono a modificare i metalli pesanti in sostanze non tossiche come il rame. In questo modo, le alghe risanano le acque trasformando gli inquinanti in elementi non tossici.

Sfortunatamente, il trattamento delle acque reflue presenta costi proibitivi. Oltre alle strutture necessarie per svolgere questi procedimenti, le microalghe necessitano di particolari condizioni ambientali per la loro crescita. È fondamentale quindi monitorarne l’andamento della crescita per assicurarsi che tutto funzioni al meglio.
Per ridurre nettamente i costi, la biomassa algale è quindi utilizzata per creare prodotti secondari. Un esempio sono i biocarburanti, i fertilizzanti, i coloranti o le sostanze farmaceutiche. Studi recenti hanno osservato come alcune specie utili alla cattura dei metalli pesanti, siano anche ricche di olii e lipidi. Questo le rende particolarmente appetibili per la produzione di biocarburanti. Ad esempio, la Chlorella minutissima è una microalga capace di risanareelevate percentuali di metalli pesanti come manganese, zinco e cadmio; questi elementi aumentano del 20% al 90% la produzione di lipidi, utili alla creazione di biodiesel.
Le alghe, e in particolare le microalghe, sono tra gli organismi più antichi del nostro pianeta. Senza saperlo ci forniscono un’elevata percentuale dell’ossigeno che respiriamo, ma ancora di più si stanno rivelando utili alleati nel combattere l’inquinamento e la fame nel mondo. Una nuova frontiera delle biotecnologie sta venendo esplorata e, se sapremo avvalerci del loro aiuto, sicuramente riusciremo a curare il nostro magnifico pianeta e i suoi meravigliosi oceani.