L’Unione Europea e la cooperazione climatica: un’overview
L’atmosfera si scalda sempre di più ogni anno, il clima cambia e un milione (sugli otto milioni di specie esistenti) è a rischio di estinzione. Nel corso degli ultimi vent’anni, i governi di tutto il mondo hanno cominciato ad impegnarsi nell’implementazione di alcune azioni a livello tecnico che potessero rallentare il processo distruttivo ormai cominciato. Siamo, come generazione, testimoni di un aumento di politiche di sensibilizzazione che coinvolgono istituti culturali, centri di ricerca, biblioteche e scuole. Vediamo, di conseguenza il fenomeno dell’eco-ansia interessare i più giovani e le nuove generazioni sono sempre più influenzate dalla paura del futuro. Sono stati stanziati fondi per nuove ricerche a livello scientifico, accademici e policy makers studiano nuovi accordi che coinvolgano sempre più paesi nella corsa contro il tempo.
L’Unione Europea è uno degli attori più impegnati nella lotta al cambiamento climatico. Da anni mette in pratica politiche volte alla tutela dell’ambiente, comprendente politiche relative al clima, all’acqua, all’utilizzo delle risorse naturali ed allo smaltimento rifiuti. Le origini della politica ambientale all’interno dei trattati europei risalgono all’Atto Unico Europeo, ma essa venne introdotta esplicitamente solo col Trattato di Maastricht (1992). Poi il 1993 vide la creazione dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. Da allora l’Europa ha fatto grandi passi in avanti in materia climatica. Basandosi sul New Green Deal (approvato nel 2019) e il Recovery plan for Europe, la Commissione Europea ha comunicato la decisione di investire il 30% del suo budget in programmi da mettere in atto in funzione di un futuro sempre più green, in linea con l’obbiettivo della Comunità Europea di diventare la regione più climate neutral del mondo entro il 2050.
Cina, India e America Latina
L’impegno dell’Unione, come ben sappiamo, va ben oltre i confini europei assicurando aiuti in materia economica e legislativa a paesi non facenti parte della comunità EU. Esempio lampante ne è la cooperazione con la Cina, paese con il quale l’Unione Europea collabora in materia climatica da diversi anni, a partire dal 1994. Il EU-China Environment Project supporta la cooperazione tra Cina ed Unione Europea concernente la preservazione della biodiversità, l’integrazione di nuove politiche per un’economia green ed di supporto alla stesura di legislazioni green.
Inoltre, gli accordi recentemente presi con l’India, durante il virtual EU-India Leader’s Meeting aventi lo scopo di forgiare un tipo di collaborazione sostenibile, interessano varie aree tematiche tra le quali figura anche un impegno da parte delle due entità politiche ad interessarsi alle migrazioni climatiche. I leader dei paesi hanno anche espresso la loro intenzione nel promuovere l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile in India e di provvedere ad un sostegno della modernizzazione dei trasporti. Il progetto Euroclima+ interessa invece l’America Latina tramite l’implementazione di politiche di sostegno alla transizione green, alla protezione di comunità a rischio ed alla mediazione del dialogo tra i paesi coinvolti. Il progetto, finanziato dall’Unione Europea, offre una moltitudine di servizi di accompagnamento tecnico e di responsabilizzazione alle tematiche ambientali.
I Balcani Occidentali
Il nome della penisola Balcanica deriva dal turco Balkan, che significa monte o catena montuosa. Regione periferica dell’Europa, protagonista di una storia frastagliata di dominazione straniera, prima dall’Impero Ottomano e successivamente dall’Impero Austro-Ungarico, l’area balcanica ha sempre suscitato interesse agli occhi dei visitatori stranieri che, nel 1800, quando l’Europa si estendeva da Londra a Parigi e fino a Berlino, si interessavano ai tre meridioni d’Europa, la penisola Iberica, italica e balcanica. Gli stati facenti parte della penisola balcanica sono Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Grecia, Macedonia del Nord, Kosovo, Montenegro, Serbia, Slovenia e Turchia. Secondo l’accademico Egidio Ivetic, autore de “I Balcani – Civiltà, confini, popoli (1453-1912)” i Balcani sono sempre stati considerati una terra di mezzo, non troppo europei ma allo stesso tempo impossibili da collocare a livello culturale e storico in Asia Minore.

La situazione ambientale dei Balcani
A livello climatico, i Balcani presentano caratteristiche che variano di stato in stato. L’Albania ed il Montenegro godono di un clima Mediterraneo, la Bosnia ha un clima alpino-continentale, come anche la Serbia. La Croazia vanta invece un clima moderato-caldo. Nell’intera regione, durante il corso degli ultimi 50 anni la temperatura si è alzata di 1.2 °C. Considerando la disponibilità d’acqua pro capite, la regione Balcanica è la più ricca d’Europa grazie alle numerosi sorgenti naturali e la presenza di fiumi, rendendo l’industria agricola una delle più importanti nell’area e rendendola soggetta al calo di precipitazioni riscontrato negli ultimi anni. Il 37% dell’energia elettrica nei Balcani deriva dall’utilizzo di potere idrico, con l’Albania, il Montenegro e la Croazia che dipendono da fonti idriche rispettivamente al 100%, 45% e 42%.
L’utilizzo del carbone ammonta al 70% all’interno della regione balcanica. Essendo quattro volte più energy-intensive della media europea, i paesi balcanici producono più carbone dell’intera Unione presentando una qualità dell’aria molto inquinata, secondi il report di IQAir. Belgrado risulta essere una delle città più inquinate al mondo, insieme a Sarajevo, Skopje e Priština. La mancanza di finanziamenti ai trasporti pubblici, le numerose industrie e l’utilizzo del carbone o del legno per il riscaldamento domestico contribuiscono al peggioramento della situazione. Le numerose centrali di lignite presenti nell’area sono dotate di tecnologie obsolete ed emettono sostanza particolarmente nocive nell’atmosfera. Secondo uno studio di UNEP, l’utilizzo di carbone e lignite avrebbe causato 5000 morti in 19 città.
Il Green Deal nei Balcani
Il Green Deal Europeo ha concentrato i suoi sforzi nella penisola Balcanica in cinque aree tematiche principali:
- Decarbonizzazione
- Economia circolare
- Disinquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo
- Alimentazione sostenibile
- Protezione e ristorazione degli eco-sistemi
Il 25 febbraio 2022, la Commissione Europea ha inoltre lanciato un piano di investimenti di 3.2 miliardi di euro per l’aiuto allo sviluppo della crescita sostenibile nei Balcani Occidentali. I principali obbiettivi posti dall’Unione sono lo sviluppo delle reti di trasporto sostenibili, quali la costruzione di ferrovie, l’accesso ad un’energia pulita, aiutando i paesi a mettere in pratica l’utilizzo di fonti rinnovabili e la costruzione di impianti di trattamento delle acque reflue. Secondo le analisi del Centro di Ricerca “Osservatorio Balcani e Caucaso”, la strada sarà ancora lunga, in quanto la regione risulta essere estremamente a rischio complici i ritardi nel recepimento delle normative europee, un clima politico estremamente frastagliato, una scarsa conoscenza delle tematiche ambientali ed la crescente influenza degli interessi economici di Cina e Russia, che secondo un report di Carnegine, non sarebbero interessate ad il rispetto delle norme ambientali europee.