La tecnologia può ridurre i gas serra?
Riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacci, inquinamento da microplastiche, acidificazione degli oceani… sono solo alcuni dei problemi che affliggono il pianeta Terra e di cui l’uomo è l’unico responsabile.
Arrivati a questo punto è impossibile non rendersi conto che il danno è fatto. Anche le grandi nazioni hanno capito che invertire l’andamento non è fattibile, ma che bisogna impegnarsi per non aggravare ulteriormente una situazione già critica.
Non sarebbe bello, quindi, avere un pulsante che riporti tutto a com’era prima, una sorta di ctrl+z (combinazione di pulsanti che su PC permette di annullare l’ultima modifica)? Ciò non è possibile o almeno non è plausibile un cambio così repentino, ma grazie ai progressi tecnologici sembra pensabile iniziare un percorso che curi il nostro pianeta malato.
Il principale fattore alla base di molti dei problemi ecologici che oggi ci troviamo ad affrontare è l’elevata concentrazione di CO2 in atmosfera (390 ppm contro le 280 ppm in epoca preindustriale).
Tutta questa anidride carbonica arriva direttamente dalle attività antropiche; è nostro compito quindi, trovare un modo per ridurre a 0 la produzione di nuova CO2 e anche catturare quella già presente in atmosfera così da poter ristabilire livelli ottimali.
La cattura è sequestro del carbonio (CCS)
La cattura e sequestro del carbonio o CCS è la nostra prima linea di difesa, consiste in un procedimento di confinamento dell’anidride carbonica a livello industriale.
Esistono vari tipi di confinamento:
- pre-combustione, il combustibile usato viene convertito in una mistura di idrogeno e anidride carbonica, così facendo è possibile stoccare con facilità il gas serra.
- post-combustione: mediante una soluzione chimica la CO2 viene catturata in uscita dai fumi di combustione, è poi separata dal solvente chimico e compressa rendendo il trasporto e lo stoccaggio più semplici.
- Ossicombustione: mediante la combustione con elevate quantità di ossigeno si ha la produzione di vapor acqueo e CO2 facilmente sequestrabile.
A questo punto l’anidride carbonica in forma liquida può essere trasportata e stoccata in opportuni depositi. Sfortunatamente le tecnologie per il suo trattamento e smaltimento non sono economiche, né così sviluppate. Lo stoccaggio presenta non pochi problemi di sicurezza, si possono avere rilasci improvvisi e massicci di grandi quantità di CO2 o fuoriuscite graduali e silenti.
La cattura del CO2
Questo tipo di sistemi è spesso affiancato da metodi che permettono la cattura dell’anidride carbonica ambientale. Mediante il rimboschimento si possono creare dei carbon sink, sfruttando la naturale capacità delle piante di sequestrare CO2 dall’ambiente per essere utilizzata nella fotosintesi.
Strumento più tecnologico è il DAC (direct air capture) che consiste in un sistema di filtri in coppia con solventi alcalini che sequestrano CO2 dall’aria.
I DAC sono ancora in fase di sviluppo e non potranno sostituire i CCS ma aprono le porte a interessanti sviluppi futuri per le grandi industrie.
I metodi di cattura sfruttano quasi tutti processi chimici e grandi quantità d’acqua, ma uno in particolare utilizzerebbe delle membrane semipermeabili per separare il gas serra dall’atmosfera. Il che lo rende molto interessante principalmente per il basso impatto sull’ambiente.
Queste due tecniche utilizzate assieme hanno la capacità di rendere negative le emissioni di un qualsiasi impianto industriale, gli svantaggi sono tuttavia che necessitano di grandi quantità d’acqua (stimata in 300 km3 annui per catturare 3 gigatonnellate di CO2) e di energia elettrica che dovrebbe arrivare da fonti rinnovabili.
La tecnologia fa passi da gigante ogni giorno, presto sicuramente vedremo nuove forme di cattura e smaltimento dei gas serra, più ecologiche ed economiche. Grazie anche al rientro degli Stati Uniti negli accordi di Parigi la speranza è che le grandi nazioni si focalizzino sul problema e investano in questi strumenti che possano salvare il pianeta.