Oggi ho deciso di introdurre il tema di una nuova serie di articoli che scriverò: la climate fiction.
In questa rubrica parliamo principalmente di saggi e di documentari che trattano di crisi climatica o che approfondiscono alcuni suoi aspetti nel particolare. Tuttavia, dopo letture come Denial o La sesta estinzione, io stessa sento il bisogno di staccare: devo allontanarmi per un po’ da tutte le notizie negative e i report scientifici. Il problema è che questo argomento rimane, a mio avviso, quello più importante per il nostro periodo storico. Infatti qualsiasi questione politica, sociale o sanitaria che affrontiamo oggi sarà solo aggravata con la crisi climatica – e questo già lo vediamo negli esodi climatici o le eco-guerre.
Insomma leggere solo saggista o guardare solo documentari può diventare emotivamente insostenibile. Ma anche chiudersi a riccio ed evitare qualsiasi conversazione sulla crisi climatica è semplicemente controproducente. Per fortuna esiste una via di mezzo: la climate fiction.
Cos’è la climate fiction?
La climate fiction (o cli-fi) è un genere narrativo ormai prevalente nella letteratura contemporanea, ma emergente anche nel mondo cinematografico, televisivo e videoludico. Anche se si rifa al termine “sci-fi”, non si tratta di vera fantascienza, perché di fatto i futuri distopici che ci presenta questo genere sono possibili o quantomeno verosimili. Infatti i mondi immaginati dagli autorə di cli-fi sono dichiaratamente stati plasmati dalla crisi climatica. Tra l’altro si potrebbe dire che ormai alcuni di quei futuri sono il nostro presente.
Quindi, come si evince dal termine stesso, ciò che distingue la climate fiction da tutti gli altri sottogeneri della fantascienza è proprio la presenza dei cambiamenti climatici, del riscaldamento globale e delle catastrofi naturali causate dall’attività umana. In verità il clima non dev’essere per forza al centro della narrazione, ma è sempre chiaro che certe dinamiche di potere o situazioni sociali sono dovute alla crisi climatica in corso o già avvenuta.

Primi esempi di cli-fi
Letteratura
Non è facile dire con certezza quando sia nato questo genere. Romanzi fantascientifici con cause o risvolti ambientali esistono da sempre. Già nel 1889 Jules Verne aveva scritto Il mondo sottosopra, in cui una grande società vuole raddrizzare l’asse terreste, causando disastri climatici e la scomparsa di alcuni territori, solo per riuscire a estrarre più carbone dalle zone ghiacciate.
Questo romanzo è terribilmente attuale, ma all’epoca non c’erano ancora abbastanza dati scientifici per sapere che l’essere umano stava già modificando l’assetto ambientale, senza il bisogno di spostare l’asse del pianeta.
Un altro precursore che viene spesso citato tra i primi autori della cli-fi è l’inglese J. G. Ballard, che negli anni Sessanta ha scritto la Tetralogia degli Elementi, composta da quattro libri distopici incentrati su disastri naturali.
È difficile non confondere la climate fiction con il resto della fantascienza, ma bisogna ricordarsi che questo genere parte proprio dalla consapevolezza che la crisi climatica esiste e si basa su fatti scientificamente dimostrati o probabili.
Alcuni esempi più recenti, che approfondiremo nei prossimi articoli, sono la trilogia distopica di Margaret Atwood e la trilogia di Jeff Vandermeer, cominciata con Annientamento, da cui è stato anche tratto l’omonimo film del 2018.
Cinema
Anche nel mondo del cinema ci sono sempre stati film che viaggiavano sulla quella linea sottile tra fantascienza e climate fiction. Però ce n’è uno che è quasi unanimemente considerato il primo film cli-fi della storia ed è 2022: i sopravvissuti (1973) – anche di questo parleremo in un’altra occasione.
Poi ci sono stati tantissimi esempi di questo genere anche cinematografico negli ultimi vent’anni. Basti pensare a The Day After Tomorrow (2004), WALL•E (2008), Snowpiercer (2013) o Mad Max: Fury Road (2015). Per non parlare di tutti i film dello Studio Ghibli, che abbiamo già analizzato.
Qual è il suo scopo?
Lo scopo iniziale del genere cli-fi era sicuramente quello di far arrivare a più persone possibile l’allarme della crisi climatica. Fino a qualche decennio fa era difficile trovare i report scientifici e informarsi nel dettaglio sulle questioni ambientali. C’era bisogno di trovare un modo di fare arrivare questo urgentissimo messaggio al pubblico mainstream.
Però non serviva solo un documentario particolarmente coinvolgente o famoso, ma un vero e proprio nuovo genere di narrazione. In questo modo chiunque può leggere o guardare una storia appassionante, ma allo stesso tempo riflettere sul mondo in cui vivono i personaggi e in cui rischiamo di vivere anche noi.
Naturalmente la sua efficacia è ancora oggetto di dibattito, tanto che se ne parlava anche in diversi articoli di opinioni del New York Times.
Negli ultimi anni credo che lo scopo della climate fiction si sia allargato. Essendo ormai arrivati agli ultimi anni in cui si possono davvero cambiare le cose, la crisi climatica è un tema più trattato che mai (anche se ancora non attuano i provvedimenti necessarie). Per questo penso che il ruolo di questo genere non sia più solo l’informazione su larga scala, ma sia soprattutto l’intrattenimento informato.