Ecomafie: un fenomeno criminale trascurato

Che cosa sono le ecomafie?

Il neologismo “ecomafia”, coniato dall’associazione ambientalista Legambiente, viene utilizzato per indicare le attività delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che, tendendo allo sfruttamento delle risorse naturali, causano danni all’ambiente. 

Comparso per la prima volta nel 1994 in una rivista pubblicata dall’associazione sopracitata, esso ha alimentato un flusso di studi, ricerche e osservazioni di questi gravi fenomeni (anzi, reati) che hanno portato alla pubblicazione, a partire dal 1997, del report annuale sulle illegalità ambientali. I “Rapporti Ecomafia” di Legambiente, ogni anno, fanno il punto della situazione. 

I principali settori di attività delle Ecomafie riguardano l’abusivismo edilizio, il traffico di animali esotici, il settore agroalimentare e, soprattutto, lo smaltimento dei rifiuti. Quest’ultimo, insieme alla gestione illegale dei rifiuti urbani, costituisce certamente il settore di riferimento: un boss mafioso aveva addirittura dichiarato ai microfoni del TG1 che per la criminalità organizzata, quello dei rifiuti era un “business più remunerativo di quello della droga”. Addirittura, nel lontanissimo 1992, il pentito Nunzio Perella (ex boss) aveva pronunciato, di fronte al magistrato che lo stava interrogando, la celebre frase “Dottò, a munnezza per noi è oro”. 

Proprio da quel momento l’Italia ha scoperto l’esistenza dei traffici celati dietro alle attività di smaltimento, ed è importante oggi comprendere quanto l’intero fenomeno non coinvolga solo i criminali esecutori del reato, ma un’intera classe di soggetti diversi che, chiudendo un occhio (o forse due) sul prezzo incredibilmente vantaggioso di un certo smaltimento, alimentano questo infinito giro d’affari sporchi. 

Questi reati sono spesso trascurati dall’attenzione pubblica, forse perché rientrano in quella categoria di “reati senza vittima”, impedendoci di immedesimarci al 100% con la vicenda. Ma per quanto sia scomodo da accettare, questi fenomeni ci riguardano da vicino. Infatti risale a pochi giorni fa, l’allarme di Legambiente Liguria sulla coltre scura trovata sulla spiaggia di Genova Voltri. Ma vediamo alcuni esempi. 

I danni delle ecomafie

La Terra dei Fuochi – Il triangolo della morte 

Per “Terra dei Fuochi” non intendiamo i ben più famosi territori dell’Argentina, ma l’area campana compresa tra Napoli e Caserta (per un totale di 90 comuni) caratterizzata dall’interramento illegale e dai roghi dei rifiuti tossici. Specialmente questi ultimi sprigionano nell’aria sostanze dannose per l’ambiente circostante e i suoi abitanti, uomini compresi. Numerosi studi hanno infatti evidenziato la correlazione tra queste pratiche e l’aumento dei casi di tumori nella zona circostante. Le sostanze, come la diossina, rilasciate nell’aria e nel terreno vengono assorbite dagli animali ed entrano così nella catena alimentare, fino ad arrivare a noi. 

Tale triste effetto si presenta amplificato nel territorio colloquialmente conosciuto come Triangolo della Morte. L’area compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano (sempre in Campania) si presenta come una vera e propria discarica dei rifiuti provenienti dal Nord-Italia. Qui, l’indice di mortalità per insorgenza di tumori è ancora superiore. La percentuale è fino a 3 volte superiore rispetto alla media italiana, e maggiore del 46% rispetto al resto del Sud.

Il mare illegale 

L’azione delle ecomafie si ripercuote anche sul mare ed i suoi litorali. Il report di Legambiente relativo a questa specifica problematica, Mare Monstrum 2020, rileva come le azioni nemiche del mare italiano siano sempre le stesse. Tra queste si annoverano le colate di cemento illegale, il consumo di suolo costiero, la cattiva depurazione delle acque e la pesca incontrollata.

Nel 2019, i reati contestati hanno raggiunto la soglia di 23.623 (con un aumento del 15,6% rispetto al 2018). Inoltre, purtroppo, la metà di essi si concentra ancora nella zona del Meridione (prevalentemente in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania).

Nel 2020, nemmeno gli effetti positivi del lockdown nazionale hanno permesso di rilevare una diminuzione di questi dati. Infatti senza gli scarichi industriali (principale benzina degli illeciti ambientali) fiumi, mari e laghi sono tornati presto limpidi e cristallini. Tuttavia sono stati sufficienti pochi giorni per tornare all’avvelenamento da ecoreati. 

Per esempio, le acque del fiume Sarno, il più inquinato di tutta Italia e famoso come “fiume dei veleni”, sono tornate torbide, maleodoranti e scure proprio il giorno seguente alla riapertura. 

Superfluo ricordare quanto tutto ciò, dopo essere stato raccolto dai fiumi, finisca in mare.

Rifiuti nel fiume Sarno. Inquinamento causato dalle ecomafie.
Fiume Sarno

Rapporto ecomafie 2020

Nel 2019, i reati commessi contro l’ambiente ammontano a 34.648: uno ogni 4 ore. Gli illeciti del cemento sono in aumento e quelli collegati ai rifiuti e al loro smaltimento rimangono tristemente costanti. Ma s’impennano anche i reati contro la fauna e gli incendi boschivi. Infatti ben 52.916 ettari tra superfici boscate e non, sono andate in fumo l’anno scorso – un aumento del 261,3% rispetto al 2018!

C’è, però, qualche aspetto positivo. L’azione dello Stato sul tema non solo non si ferma, ma dà i suoi frutti.

Per dirne una, la legge sugli ecoreati (in vigore nel maggio del 2015) ha portato, secondo i dati del Ministero della Giustizia, all’avvio di ben 3.753 procedimenti penali. 

Proprio Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, assicura il massimo sforzo da parte dell’associazione per far approvare, entro la fine della legislatura, nuove importanti riforme. Esse sono infatti fondamentali per contrastare l’attività delle mafie che tentano di aumentare la loro presenza sul territorio nazionale sfruttando la crisi economica e sociale causata dalla pandemia. Primo tra tutti, c’è il d.d.l. “Terra mia” (di cui parleremo un’altra volta) promosso dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, dedicato precisamente ai rifiuti e al loro smaltimento. 

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Yoga è stata pescata accidentalmente da un peschereccio a strascico davanti alla costa di Cesenatico. Attualmente sta svolgendo il processo di riabilitazione in vasca presso le strutture di Cestha e nei prossimi giorni svolgerà gli accertamenti veterinari. Ancora non ha iniziato ad alimentarsi, si deve ancora abituare alla sua vasca.

The Black Bag ha deciso di battezzarla con il nome Yoga - dopo averla adottata - per ringraziare David e Gruppo Yoga Solidale Genova per aver contribuito, con una donazione, alla sua adozione.

Bellolampo viveva insieme al suo branco di cani liberi nella discarica di Palermo situata in Via stradale Bellolampo, dalla quale prende il nome.

Non sappiamo esattamente perché, ma il branco è stato catturato e portato nel canile municipale di Palermo, un luogo assolutamente inospitale, inadeguato e spaventoso per tutti i cani, ma soprattutto per i cani nati liberi che non hanno praticamente mai avuto contatti con l’uomo.

La data di nascita viene indicativamente riportata come l’1/12/2015 e l’ingresso nel canile di Palermo è avvenuto il 9/4/2016.
Bellolampo aveva solo 4 mesi quando è stato tolto dal suo territorio nativo e separato dai suoi fratelli per essere chiuso in un box sovraffollato.

Una volontaria del canile di Palermo segnalò a Buoncanile l’urgenza di trovare una sistemazione migliore per lui così riuscirono a farlo arrivare a Genova nell’ ottobre 2016 insieme ad un'altra cagnolina, Papillon.

Furono i primi cani del #buoncanileprogettopalermo.

Bellolampo ha subito manifestato una forte paura nei confronti delle persone e dell’ambiente, arrivando anche a mordere, mentre si è dimostrato da subito capace e desideroso di instaurare forti legami con gli altri cani.

Nel tempo ha imparato a fidarsi dei gestori del canile e piano piano ad aprirsi anche a pochi volontari selezionati.

Essendo un cane molto carino e anche di piccola taglia negli anni ha ricevuto diverse richieste di adozione, ma tutte incompatibili con il suo carattere diffidente e spaventato.

Una curiosità? Bellolampo ama gli equilibrismi! Gli piace saltare sui tavoli, le panche, le sedie, i muretti e proprio non resiste al fascino della carriola!!

Mix pittina dagli occhi magnetici... salvata da pesante maltrattamento. Viveva a Napoli legata alla ringhiera delle scale condominiali ad una corda cortissima.

Lei è un cane eccezionale, nata nel 2013. Entrata in canile nel 2014 si è subito distinta per le sue naturali doti olfattive: con lei abbiamo lavorato tantissimo sulla discriminazione olfattiva, fino a farle seguire delle vere e proprie piste di sangue finalizzate al ritrovamento di persone scomparse (attività fatte solo ai fini ludici).

Non va d’accordo con i suoi simili, per cui cerca una famiglia senza altri animali in casa, una famiglia dinamica , esperta e disposta ad un percorso conoscitivo.

Paco cerca casa! Si trova a Genova!

Paco è stato adottato da cucciolo con la superficialità di chi crede che un cucciolo sia un foglio bianco sul quale scrivere ciò che si vuole, e con la stessa superficialità è stato portato in canile perché dopo due anni era cresciuto con caratteristiche diverse da quelle di un peluche.

Paco è un cane affettuosissimo, curioso e dinamico, viene presentato a tutti i nuovi volontari del canile come uno tra i cani più equilibrati e gestibili anche per chi è alla prima esperienza.

Ama passeggiare a lungo, è già abituato a vivere in casa, viaggia volentieri in auto, è sempre alla ricerca di nuove avventure da fare in compagnia dei suoi amici, è molto bravo in città, non ha paura delle persone, né dei cani. Non ama i cani maschi, è invece molto bravo con le femmine. Non è compatibile con i gatti.

E’ un cane adulto oramai, è nato nel 2014, una taglia media (circa 20 kg), è un cane che sa gestire bene le emozioni, i suoi bisogni e i suoi spazi.

Paco ha bisogno di un'adozione responsabile, che non sottovaluti i segnali di stress che sa comunicare, soprattutto quando vuole riposare in cuccia senza essere disturbato.