“Il potere ha avuto bisogno di un tipo diverso di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore”
Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari.
Le parole sopracitate di Pasolini non si riferiscono alla contemporaneità, ma parlano invece di quel consumismo e quell’idea di consumatore che risale agli anni 70 del secolo scorso in Italia. Il modello di consumo sfrenato e relativo all’ambiente della moda risale a una quindicina di anni fa. Le compagnie di fast fashion si servono infatti di operazioni circolari ed estremamente veloci: prototipi creati in pochissimo tempo, grande varietà di prodotti, rete di trasporti efficace e prezzi bassissimi.
Il termine fast fashion si riferisce a vestiti provenienti da collezioni low cost che spesso e volentieri tentano di emulare prodotti proposti dai brand di lusso.
Sono abiti che prendono ispirazione dalla moda del momento e vengono poi rigettati nel mercato in modo tale da massimizzare i profitti.
“We have the ability to be a part of the kind of world we want to have or to be part of the destruction that we say we’re against.”
Andrew Morgan
La fase di produzione vede il coinvolgimento di manodopera a bassissimo prezzo che si occupa di cucire tessuti per salari mensili vergognosi, come in Bangladesh, di 97$, con una media di ore lavorative al giorno che va dalle 14 alle 16, 7 giorni su 7 di lavoro ed un totale di 96 ore a settimana.
Il costo per l’ambiente risulta ancora una volta altissimo. Si stima che nel 2015, il settore tessile abbia emesso più emissioni di gas serra rispetto all’industria marittima ed aeronautica messe insieme.
Dove vengono manifatturati?
Cina, Bangladesh, India, Vietnam.. l’Asia è diventata il polo principale dell’industria tessile a bassissimo costo.
I costi sulle persone?
Il concetto di living wage rappresenta il minimo sindacale che secondo le stime del paese serve ad una famiglia per soddisfare i propri bisogni primari, intesi come cibo, affitto, educazione, assistenza sanitaria. I produttori di cotone utilizzano fertilizzanti e prodotti chimici, causano danni irreparabili non solo al suolo, ma anche alle persone che lo lavorarono.
I costi sull’ambiente della fast fashion
Andiamo ad analizzare come vengono realizzati i vestiti. Di quali materiali è composto l’indumento? Negli ultimi decenni, i materiali dominanti nell’industria del fast fashion sono diventati materiali come poliestere o nylon, realizzati con fibre sintetiche. Essendo plastiche, esse vengono create da petrolio o carbone risultando così in materiali estremamente difficili da decomporre.
Inoltre, ad ogni lavaggio, i materiali sintetici perdono delle microplastiche che vanno a finire nei nostri oceani.
Il trattamento dei tessuti con prodotti chimici aggressivi produce importanti quantità di inquinamento fluviale nei pressi delle strutture tessili. Sostanze come gli eteri di difenile polibromurati vengono utilizzati per aumentare la durata del tessuto. Secondo un’inchiesta del Business Insider, l’industria del fast fashion produce il 10% delle emissioni di carbonio nel mondo, tanto quanto l’Unione Europea.
L’industria dell’abbigliamento è la seconda industria che richiede più quantità di acqua, basti pensare che per produrre una maglietta sono necessari 700 litri d’acqua e per un paio di jeans ne servono 2000.
Tra i vari effetti sull’ambiente non possiamo dimenticare di parlare delle tinture dei vestiti, seconda causa al mondo dell’inquinamento delle acque.
Secondo quanto analizzato nel documentario The True Cost (2015), il mondo utilizza 80 miliardi di nuovi vestiti ogni anno.
Il film è stato girato dopo la strage di Rana Plaza del 2013, in Bangladesh, durante la quale persero la vita 1.138 operai che lavoravano nell’industria tessile.
Cosa possiamo fare noi?
Grazie a marchi come Fair Trade o tramite artigiani locali, grazie ai quali possiamo assicurarci della provenienza e della lavorazione dei vestiti che compriamo, anche noi possiamo fare la nostra parte. Cerchiamo quindi, quando compriamo vestiti, di anteporre ai prezzi bassissimi fibre naturali e biologiche e trattamenti biodegradabili.
Qui sotto alcuni shop sostenibili, con allegato link allo store.
Quagga, http://www.quagga.it/it/
EcoGeco, http://www.ecogeco.it/shop-online/
Filotimo, http://filotimo.it/
Marche straniere come
People Tree, http://www.peopletree.co.uk/
Patagonia, http://eu.patagonia.com/itIT/home
Nomads Clothing, https://www.nomadsclothing.com/
Monkee Genes, https://www.monkeegenes.com/