L’Autorità Italiana per la vigilanza dei mercati finanziari (CONSOB) la definisce come l’applicazione del concetto di sviluppo sostenibile all’attività finanziaria. Tutto molto bello, ma cosa comporta l’essere sostenibili nell’ambito della finanza?
Forse non sono l’unica a confondersi e a non capire certi discorsi “tecnici” in ambito economico: per fortuna ho amici che si occupano della tematica e che mi hanno aiutata a sviluppare un discorso semplice e chiaro.
Per capire davvero di cosa si tratta, è necessario partire dal concetto di sviluppo sostenibile e, quindi, dalla c.d. regola delle tre E: ecologia (ossia produzione e conseguente smaltimento nel pieno rispetto dell’ecosistema), equità (diritto del pianeta ad essere rispettato/diritto dell’essere umano di godere di un ambiente salubre) ed economia (protezione delle aziende a patto che queste rispettino l’ambiente).
Sembra facile a dirsi, ma la storia e soprattutto gli ultimi anni ci hanno insegnato come non per tutti sia scontato il passaggio ad un’attività più green: non tutte le aziende sono favorevoli ad un cambio di modalità di produzione o di macchinari (d’altro canto, non lo si può nemmeno pretendere vista l’assenza dei dovuti incentivi statali), così come non tutti gli individui si dichiarano disposti a differenziare i propri rifiuti.
Ci vuole tempo e, soprattutto nel caso delle aziende, grossi investimenti.
È proprio a questo punto che entra in gioco la finanza sostenibile, intesa come strumento chiave del ben più ampio concetto di economia sostenibile.
Come evidenziato dal manuale “Finanza sostenibile ed economia circolare” fornito dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con CONAI, negli ultimi anni il sistema finanziario è stato chiamato proprio a supportare la transizione ecologica dell’Europa: la finanza sostenibile integra i principi ambientali nelle decisioni degli operatori finanziari.
Come? Indirizzando in modo coerente gli investimenti verso le imprese impegnate a limitare il proprio impatto ambientale: questa scelta viene fatta, perciò, non solo in base al prodotto che tali imprese offrono, ma anche in considerazione delle modalità di produzione e all’organizzazione interna al proprio business (il cambiamento, a volte difficile, di cui parlavamo prima).
La sostenibilità diventa un vero e proprio parametro: non si opera più (solo) sui profitti, ma analizzando l’impatto ambientale, sociale e di governance (ESG – environmental, social, governance) delle imprese.
(Si capisce, allora, come la finanza sostenibile includa anche altro oltre alla tematica prettamente ambientale: per esempio, per la dimensione sociale, i parametri cui fare riferimento al momento dell’investimento possono essere le condizioni di lavoro dei dipendenti, così come la loro salute e sicurezza.)
Ma come si può scegliere il proprio investimento sostenibile?
Le attività economiche possono essere considerate sostenibili in base a come e quanto contribuiscono ai sei obiettivi ambientali:
- Riduzione del cambiamento climatico (tramite il controllo delle emissioni di gas serra)
- Difesa della biodiversità
- Adeguamento al cambiamento climatico
- Utilizzo sostenibile (e salvaguardia) delle acque
- Utilizzo del modello di economia circolare
- Contenimento dell’attività inquinante
Dovranno favorire almeno uno di questi obiettivi, senza però fare troppi danni nelle altre direzioni: ciò vuol dire che una singola buona azione, con danni “collaterali”, non permetterà all’attività di essere qualificata come sostenibile.
Inoltre, implementare il ruolo della finanza per la nascita di un’economia che consegua obiettivi ambientali rientra tra gli obiettivi della Comunità Europea: il piano d’azione dell’Unione Europea sulla finanza sostenibile adottato dalla Commissione nel 2018, nasce proprio dall’intenzione di indirizzare i flussi finanziari verso investimenti che sostengono l’obiettivo dell’Accordo di Parigi (un’economia di emissioni di carbonio neutre entro il 2050) e delle Nazioni Unite.
Nell’ambito di questo piano d’azione, il famoso Green Deal Europeo, il 9 marzo 2020 è stato pubblicato il report sulla tassonomia UE delle attività economiche sostenibili redatto dal TEG – Technical Expert Group on Sustainable Finance, uno strumento pensato per fornire chiarezza in merito alle attività da considerarsi sostenibili, aiutando così gli investitori e le società a promuovere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Al suo interno sono considerate moltissime attività, dall’agricoltura all’ICT (Information and Communications Technology): per lo più si tratta di attività che contribuiscono a limitare gli effetti dell’inquinamento e surriscaldamento globale, ma il documento include anche quelle imprese che, nonostante non siano al 100% green, stanno facendo qualche passo in questa direzione.
In questo caso si tratta di attività che non possono essere eliminate solo perché non soddisfano i canoni richiesti dalla sostenibilità: il TEG, per queste attività considerate indispensabili per la nostra società, ha previsto dei criteri che permettano di apprezzarne anche i semplici miglioramenti.
Tutto in direzione di un futuro completamente sostenibile e, perché no, anche proficuo: uno studio di Bankitalia ha infatti evidenziato come gli investimenti in titoli low carbon siano in grado di garantire rendimenti superiori, poiché “le imprese attente ai fattori ESG sono generalmente meno esposte a rischi operativi, legali e reputazionali, e sono più orientate all’innovazione e all’efficienza nell’allocazione delle risorse”.