Un mese fa vi ho parlato della nuova serie di libri della Penguin Classics, Green Ideas, elencandovi alcuni dei libri che attendevo con particolare entusiasmo. Uno di questi era proprio Food Rules.
Michael Pollan è un giornalista e scrittore americano, che analizza il rapporto tra gli esseri umani e la nostra alimentazione dagli anni Duemila. Le sue ricerche sono partite cercando di scoprire e poi raccontarci da dove vengono i cibi che compriamo tutti i giorni al supermercato. È imbarazzante quanto siamo distaccati dal processo che crea ciò che mangiamo. Lui stesso dice che il suo libro più famoso e più venduto, Il dilemma dell’onnivoro, che esplora proprio questi processi, non sarebbe stato comprato da nessuno una settantina di anni fa. Prima dell’arrivo dei supermercati e della produzione su grande scala, tutti erano o conoscevano un contadino e sapevano perfettamente da dove veniva quello che cucinavano.
Dopo il successo del suo secondo libro, molti lettori volevano capire come cambiare le cose e quale dieta seguire per migliorare la situazione. Pollan cercò di rispondere al meglio in un suo famoso articolo sul New York Times Magazine, in cui nacque il suo mantra fondamentale: Eat food. Not too much. Mostly plants. È proprio da questa premessa che parte Food Rules.

Food Rules
Il libro si divide in 64 regole da seguire per mangiare in modo più sano, più ecosostenibile e più consapevole. Sono tutte abbastanza divertenti e facili da comprendere, come vedremo più avanti, ma la cosa che ho adorato è il modo di pensare e spiegare le cose che Pollan usa in ogni suo lavoro.
Come nota lui stesso, quando si cerca di capire che alimentazione sia la più sana per noi, si finisce sempre per rimanere confusi. Le diete cambiano continuamente: alcuni cibi, che fino a ieri sembravano essere vitali, ora pare facilitino la creazione di cellule cancerose, o viceversa (penso al latte, alla carne e tanti altri esempi di cui si legge nei giornali continuamente). Il fenomeno dei nutrizionisti che consigliano cento diete diverse e contraddittorie non ha facilitato il caos che circonda questo tema.
Pollan invece parte dallo stesso punto in cui siamo tutti: la confusione più totale. Non si erge a conoscitore esperto di nutrizionismo, ma riflette insieme a noi sulle conseguenze che le nostre abitudini alimentari stanno avendo sull’ambiente e sulla nostra stessa psiche. Più avanti vedremo alcuni esempi specifici delle sue regole, ma la cosa fondamentale da capire prima di aprire questo libro è che Pollan vi porterà finalmente a una soluzione, che – spoiler alert – è: Mangiate cibo. Non troppo. Soprattutto piante.
Eat food. Not too much. Mostly plants.
In un’intervista di Earthrise su Instagram, che consiglio caldamente, Pollan dice di essere felice che il suo libro sul cibo faccia parte di una serie sulla letteratura ambientalista. Infatti ha sempre pensato che “più di qualunque altra cosa, gli esseri umani cambiano la natura attraverso l’alimentazione”. Ed è questa la lente con cui bisogna leggere Food Rules: non è un libro sul nutrizionismo, ma sull’impatto ambientale del cibo e sui modi per ridurlo.
Il suo scopo infatti non è quello di farci diventare tutti vegani. Secondo lui la soluzione più attuabile nel mondo Occidentale, che è l’unico ad aver perso un legame profondo con ciò che mangia, è una via di mezzo. Si può ancora mangiare la carne, ma bisogna trattarla come un pasto speciale e comprarla al giusto prezzo da un macellaio locale. E si può ancora andare al supermercato, ma bisogna scegliere solo gli alimenti che i nostri nonni riconoscerebbero – state alla larga dai cibi preconfezionati.
In generale Pollan, come molti ambientalisti ormai, pensa che essere perfetti sia impossibile e soprattutto che allontanare le persone che non riescono a seguire una dieta totalmente vegetariana o vegana sia controproducente. Ognuno di noi deve mangiare cibo vero, non comprarlo in grandi e inutili quantità (che vanno spesso sprecate) e aggiungere il più possibile alla propria dieta le piante.
Quali sono le food rules?
Come ho detto, questo libro è basato su tantissime regole, tutte importanti. Ho pensato di raccontarvi cinque di quelle che mi sono rimaste più impresse, ma dovete assolutamente leggere il libro e trovare quelle che vi colpiscono personalmente.
- “Mangiate come i francesi, i giapponesi, gli italiani o i greci. Le popolazioni che mangiano seguendo una tradizione locale sono quelle più salutari”. Questa mi ha fatto riflettere perché l’autore americano cita la nostra cucina tradizionale come un esempio di alimentazione sana. Ovviamente ha ragione: questi tipi di cucina si basano sugli ingredienti che crescono naturalmente nelle diverse regioni e sono spesso pieni di piatti vegetariani (si pensi alle nostre trofie al pesto, orecchiette alle cime di rapa, la pappa al pomodoro e potrei andare avanti). Spero davvero che riusciremo a far sopravvivere questi piatti e non seguiremo fino in fondo il capitalismo americano anche nella nostra alimentazione.
- “Cucinate, e se potete coltivate un orto”. Coltivare il proprio cibo è qualcosa di estremamente soddisfacente, ma soprattutto ci ricorda da dove vengono le cose che mangiamo abitualmente. Tuttavia nelle grandi città è difficile avere un orto, quindi è importante cucinare tutte le volte che potete. Anche questa attività infatti ci fa passare un po’ di tempo con quello che mangeremo.
- “Siate onnivori”. Questo non vuol dire semplicemente che potete mangiare carne oltre alle verdure. Pollan ci consiglia di provare più alimenti diversi possibili. Troppo spesso ci ritroviamo nel loop del supermercato: entriamo sempre con la stessa lista, prepariamo gli stessi piatti e ripetiamo l’operazione. Aumentare la biodiversità nella nostra alimentazione porterà alla morte dei campi monocoltura, molto distruttivi per l’ambiente.
- “Evitate i prodotti con più di cinque ingredienti”. In particolare Pollan ci ricorda di fare attenzione allo zucchero nei prodotti confezionati che non dovrebbero contenerlo. Questa è sopratutto una preoccupazione americana, ma penso che ormai sia arrivata anche nei nostri supermercati.
- “Mangiate soprattutto le piante, specialmente le foglie”. Una cosa che mi ha colpita di questo punto è che, secondo le sue ricerche, gli americani ottengono gli antiossidanti principalmente dal caffè e dal tè, piuttosto che dalla verdura – che è abbastanza inquietante.