L’effetto serra è un fenomeno di origine naturale grazie al quale è possibile la vita dell’uomo sulla terra. Se non ci fosse, la temperatura sarebbe talmente bassa da non permettere l’esistenza umana sul pianeta. L’equilibrio naturale viene però alterato dall’attività dell’uomo, e in particolare dall’utilizzo dei combustibili fossili. Si genera così quello che viene chiamato effetto serra di origine antropica. L’immissione di una quantità maggiore di gas serra nell’atmosfera, ad opera dell’uomo, provoca infatti un’alterazione della loro concentrazione. Questa modificazione causa quindi l’innalzamento della temperatura terrestre che produce effetti disastrosi sulla natura e dunque sulla vita delle persone.
I gas serra sono presenti in atmosfera in piccolissime quantità, ma hanno la capacità di catturare calore. Quindi più è la quantità di gas serra, più è il calore trattenuto e maggiore è l’effetto sulla temperatura terrestre. Per questo motivo, è importante tenere conto del loro contributo all’alterazione del clima.
Per capire meglio come funziona il meccanismo è utile analizzare lo schema proposto nella figura che segue.

Quali sono i gas serra?
L’anidride carbonica (CO2) è il gas serra più noto all’opinione pubblica. E’ su questo gas che si concentrano le principali politiche ambientali. Pur essendo presente in maggiore quantità ed essendo caratterizzato da un tempo di vita molto più esteso, non è l’unico gas ad effetto serra che deve essere considerato.
In atmosfera è presente il vapore acqueo (H20) che non viene però inserito ufficialmente nei gas serra perché la sua concentrazione è molto variabile e dipende essenzialmente dal ciclo naturale dell’acqua. Sono presenti poi il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFCs), perfluorocarburi (PFCs) e esafluoruro di zolfo (SF6). Questi ultimi tre fanno parte dei cosiddetti gas fluorurati che sono una famiglia di gas artificiali generati dall’uomo. Essi derivano principalmente dal settore della refrigerazione, del condizionamento dell’aria, dall’industria elettronica e farmaceutica. Per quanto riguarda il metano (CH4) di origine antropica, esso è generato dalle attività agricole, dal trattamento dei rifiuti e dall’industria del carbone e del petrolio. Il protossido di azoto (N2O) è invece prodotto dall’agricoltura intensiva, dalla combustione di combustibili e da altri processi industriali.
Pur essendo presenti in minore concentrazione rispetto alla CO2, tutti questi gas hanno un potere climalterante maggiore. Hanno quindi la capacità, con la loro presenza, di riscaldare in modo più rapido l’atmosfera e per questo sono altrettanto dannosi.

Cause
Come abbiamo già ricordato, l’uomo attraverso le sue attività genera un impatto significativo sull’ambiente. Il settore delle attività umane che contribuisce maggiormente alle emissioni di gas serra è quello dell’energia. Questo settore comprende principalmente le emissioni derivanti dal riscaldamento delle abitazioni, dai trasporti, dalla produzione di energia all’interno delle imprese e dalla produzione di energia elettrica (tramite termovalorizzatori o centrali termoelettriche).
È importante dunque individuare quali siano i settori più impattanti e, in particolare, le principali fonti di emissione per capire dove intervenire con politiche e strategie tese alla riduzione del danno.
L’anidride carbonica (CO2) è l’unico gas che può essere assorbito dagli ecosistemi naturali grazie al processo di fotosintesi. Il problema centrale del disequilibrio è determinato da un’emissione di gas da parte dell’uomo maggiore rispetto a quanto può essere assorbito dalla natura. La maggior parte di CO2 emessa dagli esseri umani rimane quindi nell’atmosfera e contribuisce ad aumentare in modo sproporzionato l’effetto serra. Infatti, anche se vi sono diverse teorie in relazione al tempo di permanenza della CO2 in atmosfera, molti scienziati evidenziano tempi significativamente lunghi.
Come ridurre le emissioni di CO2?
L’obiettivo dichiarato attuale dei paesi è quello di raggiungere la cosiddetta carbon neutrality (ovvero la neutralità climatica).
Va sottolineato che questo termine non indica azzeramento delle emissioni di CO2, che peraltro costituirebbe un obiettivo non realistico, ma raggiungere un livello di emissioni tale da poter essere assorbito dagli ecosistemi naturali.
E’ proprio questo l’obiettivo del cosiddetto “Green Deal europeo”, che si pone di raggiungerlo attraverso un incremento dell’efficienza nel settore dell’energia attraverso il passaggio da fonti fossili a fonti rinnovabili. Importante osservare però come questa politica non ponga attenzione alla limitazione della domanda di energia, che risulta invece essere un fattore determinante.
Questa “disattenzione” rischia di generare il cosiddetto rebound effect secondo il quale il beneficio derivante da un aumento dell’efficienza verrebbe compensato da una maggiore domanda causata dalla crescita dei consumi. Il possibile risultato potrebbe quindi essere l’annullamento di possibili miglioramenti. Quello che può accadere è infatti un aumento della domanda e degli sprechi di energia proporzionalmente alla crescita economica. L’energia da fonti rinnovabili si andrebbero quindi a sommare all’energia prodotta da combustibili fossili, senza così sostituirla. L’effetto finale sarebbe il mantenimento delle emissioni allo stesso livello, se non a un livello più alto.
È quindi giusto puntare su una maggiore efficienza, ma bisogna certamente porre la dovuta attenzione sulla necessaria limitazione dei consumi e degli sprechi per non invalidare gli sforzi posti in essere.
Cattura e stoccaggio CO2
La Direttiva 2009/31/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio propone, tra le altre soluzioni, un quadro giuridico comune a livello europeo per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso la cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio (CO2).
Pur essendo una tecnologia ancora molto costosa, le compagnie energetiche stanno investendo in modo cospicuo nella ricerca e nei progetti tesi a verificare le possibilità e la fattibilità di questa prospettiva.
Essenzialmente il modello in fase di studio mira a catturare la CO2 emessa dalle centrali elettriche alimentate con combustibili fossili e da altri grandi impianti industriali. Questa deve poi essere trasformata in liquido in modo che possa occupare meno spazio rispetto a quello che occuperebbe allo stato gassoso. Infine deve essere stoccata in formazioni geologiche sotterranee dopo averne verificato la sicurezza. I siti devono trovarsi ad una determinata profondità e essere ricoperti da materiali impermeabili per evitare che la CO2 liquida possa fuoriuscire. Siti adeguati potrebbero essere per esempio giacimenti esauriti di petrolio e gas.

Ovviamente, come specificato nella direttiva, questa tecnologia non deve assolutamente portare a una diminuzione degli sforzi finanziari e di ricerca volti alla riduzione delle emissioni. E’ necessario infatti continuare a puntare sul risparmio energetico, sull’implementazione di fonti rinnovabili e su altre tecnologie meno impattanti.
Città di piante
Per fare un esempio, per contribuire a una riduzione delle emissioni senza incontrare eccessivi ostacoli, si potrebbero iniziare a trasformare le aree urbane incrementando in modo significativo gli spazi più verdi.
E’ dimostrato come le città siano le principali fonti di emissione di CO2. Lo studioso di fama mondiale Stefano Mancuso, per esempio, propone di ridurre l’impatto ambientale delle aree urbane ricoprendo qualsiasi spazio disponibile con piante che costituiscono la fonte principale di assorbimento di CO2. La ricerca ci dimostra che più le piante sono vicine alla fonte di emissione più aumenta la loro capacità di assorbire anidride carbonica.
Non sembra superfluo ricordare come città più verdi non solo gioverebbero all’ambiente ma anche al benessere delle persone.
The end
In quanto umani determiniamo necessariamente un impatto su ciò che ci circonda e non è possibile pensare di evitarlo completamente. La ricerca più recente indica l’urgenza di ridurre questo impatto al minimo possibile per non alterare oltre misura l’equilibrio della natura. Le soluzioni possibili sono tante, molte ancora in via di sviluppo. Una maggiore consapevolezza e attenzione dal micro al macro livello costituisce un elemento irrinunciabile per determinare una maggiore azione da parte dei governi e delle istituzioni di tutti i paesi.
L’effetto serra è un problema globale che interessa tutti i paesi del mondo, nessuno escluso. Le conseguenze derivanti dall’emissione di gas serra non si riflettono infatti solo a livello locale o regionale, ma possono manifestarsi in qualsiasi parte del mondo. Questa sfida di carattere globale non può che essere affrontata attraverso un incremento della consapevolezza e della cooperazione a livello internazionale.