Giacarta: come salvare una capitale che affonda

Giacarta, la capitale dell’Indonesia, sta affondando. I cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno avuto un impatto notevole su alcune realtà che, minacciate da inondazioni e crescita del livello dei mari, rischiano letteralmente di sprofondare. Molte città del mondo dovranno fare i conti sempre più spesso con problematiche legate all’acqua, e mentre una capitale rischia di scomparire, un’altra viene costruita da zero in mezzo alla foresta pluviale indonesiana.

Una moschea che affonda – Giacarta, 2017

Giacarta affonda e l’Indonesia cambia capitale

Siamo tra l’oceano Indiano e l’oceano Pacifico, poco più a Nord dell’Australia e appena a sud di paesi come Malesia, Tailandia e Vietnam. Un paradiso incontaminato nel sud-est asiatico fatto di isole e isolette anche molto lontane tra loro, che assieme formano lo stato dell’Indonesia. Giacarta, la capitale, si trova a nord dell’isola di Giava, una delle isole affacciate sull’oceano Indiano, ma è rivolta all’interno dell’arcipelago indonesiano.

Mappa dell’Indonesia

Centro nevralgico di tutto il paese, Giacarta è da anni a rischio inondazioni e in balia degli eventi climatici eccezionali che spesso si abbattono sulla città. Costruita nei pressi di paludi in cui confluiscono ben 13 fiumi, la città ha zone che arrivano a toccare appena i 7 metri sopra il livello del mare. Lo studio condotto e pubblicato dalla Agenzia di ricerca indonesiana (Brim) sostiene infatti che in alcuni punti più critici la città sprofondi di circa 25 cm all’anno, un ritmo che farebbe affondare la capitale di circa il 25% entro il 2050, come a dire una casa su quattro.

Perché proprio a Giacarta?

Con quasi 11 milioni di abitanti, Giacarta è una delle città più densamente popolate del mondo e una tra le più inquinate. Negli ultimi 50 anni la capitale è cresciuta esponenzialmente e sta ora subendo il peso delle sue costruzioni. A causa dell’eccessiva quantità di cemento presente sul terreno, questo cede e rende ancor più difficile l’assorbimento delle acque durante eventi estremi come le alluvioni. La megalopoli ha infatti un problema di subsidenza. Questo fenomeno geologico, che consiste nell’abbassamento del livello del suolo, è spesso amplificato dalla presenza di terreni argillosi o sabbiosi ma anche dall’impatto dell’uomo sull’ambiente.

I grattacieli di Giacarta

Nel caso di Giacarta, quest’ultimo fattore si traduce nella continua estrazione di acqua dal sottosuolo, operata negli anni dal governo indonesiano per poter soddisfare l’enorme fabbisogno cittadino – si stima che solo il 40% venga effettivamente coperto. La quantità di acqua prelevata dal sottosuolo ha fatto sì che compattandosi il terreno si abbassasse ogni anno di più. Per ora non è stata trovata ancora nessuna soluzione definitiva al problema. Infatti il governo ha inizialmente tentato di costruire una barriera sui fondali che potesse limitare la portata delle inondazioni. Ma si crede che questo possa dare alla città un aiuto solo temporaneo. Inoltre, la strategia potrebbe porre seri rischi per l’ecosistema e per la possibile alterazione delle correnti marine.

Una nuova capitale

Per cercare di arginare i problemi geologici, ma anche quelli sociali e di sovrappopolamento della città, il governo indonesiano ha deciso di fondare una nuova capitale. Con un investimento iniziale di ben 32 miliardi di dollari, il presidente Joko Widodo ha infatti annunciato nel 2019 la volontà di spostare la capitale del paese sull’isola del Borneo, costruendo da zero una metropoli tecnologica e sostenibile in mezzo alla giungla. L’isola in questione è più centrale al paese rispetto all’isola di Giava e ci si aspetta che alleggerisca il peso di Giacarta, reale e metaforico. Si spera infatti che possa spostare gli indonesiani e l’economia del paese in maniera omogenea anche sulle altre isole del territorio. Inoltre è un punto geografico strategico essendo un territorio diviso con Malesia e Sultanato del Brunei.

Il territorio quasi incontaminato del Borneo indonesiano

Questa capitale del futuro a circa duemila chilometri dalla millenaria Giacarta si chiamerà Nusantara, letteralmente “arcipelago” in lingua indonesiana. Il progetto prevede la costruzione di tutti i palazzi governativi e delle abitazioni di 1 milione e mezzo di dipendenti pubblici su 180mila ettari di proprietà dello stato. Dovrebbe diventare operativa dal 2024, ma si stima che i lavori verranno completati in maniera definitiva solo verso il 2045. “Questa capitale non avrà solo uffici governativi, vogliamo costruire una nuova metropoli intelligente che possa fare da calamita per i talenti globali e diventi un centro di innovazione” ha detto Widodo presentando il progetto.

Il progetto di Nusantara

Cosa ne sarà di Giacarta?

Alcuni fondi andranno anche a sostegno di Giacarta, che rimarrà il centro commerciale e finanziario del paese. Una parte dei finanziamenti andrà quindi a coprire le attività economiche della città e una parte a sostenere i vari progetti per impedirle di affondare. Al momento i lavori si stanno concentrando sulla barriera marina e sul rinforzo dei muri marini della città, ma questi sprofondano alla stessa velocità con cui sprofonda la città. Un altro ambizioso progetto è quello di costruire una diga a forma di uccello chiamata “The Great Garuda”, dedicato all’uccello mitologico comune alle culture religiose orientali.

Il disegno urbano del Great Garuda (KuiperCompagnons)

Questa sorta di isola che dovrebbe fungere da scudo alle alluvioni nasce da una collaborazione tra l’Indonesia e un consorzio di aziende olandesi. Un progetto dal valore di 40 miliardi di dollari che prevede 30-40 anni di tempo per la realizzazione di questi 40 chilometri di diga abitabile, in cui potranno alloggiare fino a 300mila abitanti.

Il masterplan prevede anche altri progetti a sostegno delle infrastrutture della città come l’ampliamento del porto, impianti di depurazione e di sollevamento delle acque, il rinforzo degli argini dei fiumi, nuove condotte d’acqua, un’autostrada e un servizio di trasporto collettivo. L’unico modo per evitare che la terra sprofondi è infatti quello di fermare lo sfruttamento delle falde sotterranee da cui i cittadini pompano ogni giorno acqua potabile. Al momento però questa risulta essere un’operazione molto complicata in quanto meno della metà della popolazione ha accesso all’acqua potabile e l’unica soluzione rimane quella di estrarla dal sottosuolo per poter sopravvivere.

Lo schema delle infrastrutture previste dal progetto (KuiperCompagnons)

Implicazioni a livello ambientale

Ovviamente questi nuovi progetti pongono moltissimi interrogativi legati alla tutela dell’ambiente.

Per quanto riguarda la costruzione della capitale Nusantara, ciò che allarma gli ambientalisti è la distruzione della foresta tropicale del Borneo. Questo è infatti un territorio quasi completamente incontaminato che ospita una biodiversità di flora e fauna preziosa. Tra le specie animali rare troviamo le scimmie nasiche, il pangolino, il leopardo nebuloso, l’orango e l’orso malese. La foresta tropicale del Borneo, tra le più antiche del mondo, è già stata compromessa in precedenza dalla deforestazione a causa delle piantagioni di palme da olio e ora rischia di dover lasciare spazio a una costruzione imponente che prenderà in totale 256mila ettari di terreno.

Il pangolino e le scimmie nasiche

Anche la costruzione della diga Great Garuda a largo di Giacarta non è priva di possibili impatti ambientali negativi per l’ecosistema marino. Uno studio ha stabilito che il progetto potrebbe erodere le isole della parte ovest della baia di Giacarta e distruggere la barriera corallina. Inoltre c’è il rischio, seppur smentito dalle società olandesi, che si crei una stagnazione di acque inquinate all’interno della diga. Ma grazie all’impianto di depurazione delle acque si spera che solo acque pulite verranno effettivamente riversate nella baia.

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Yoga è stata pescata accidentalmente da un peschereccio a strascico davanti alla costa di Cesenatico. Attualmente sta svolgendo il processo di riabilitazione in vasca presso le strutture di Cestha e nei prossimi giorni svolgerà gli accertamenti veterinari. Ancora non ha iniziato ad alimentarsi, si deve ancora abituare alla sua vasca.

The Black Bag ha deciso di battezzarla con il nome Yoga - dopo averla adottata - per ringraziare David e Gruppo Yoga Solidale Genova per aver contribuito, con una donazione, alla sua adozione.

Bellolampo viveva insieme al suo branco di cani liberi nella discarica di Palermo situata in Via stradale Bellolampo, dalla quale prende il nome.

Non sappiamo esattamente perché, ma il branco è stato catturato e portato nel canile municipale di Palermo, un luogo assolutamente inospitale, inadeguato e spaventoso per tutti i cani, ma soprattutto per i cani nati liberi che non hanno praticamente mai avuto contatti con l’uomo.

La data di nascita viene indicativamente riportata come l’1/12/2015 e l’ingresso nel canile di Palermo è avvenuto il 9/4/2016.
Bellolampo aveva solo 4 mesi quando è stato tolto dal suo territorio nativo e separato dai suoi fratelli per essere chiuso in un box sovraffollato.

Una volontaria del canile di Palermo segnalò a Buoncanile l’urgenza di trovare una sistemazione migliore per lui così riuscirono a farlo arrivare a Genova nell’ ottobre 2016 insieme ad un'altra cagnolina, Papillon.

Furono i primi cani del #buoncanileprogettopalermo.

Bellolampo ha subito manifestato una forte paura nei confronti delle persone e dell’ambiente, arrivando anche a mordere, mentre si è dimostrato da subito capace e desideroso di instaurare forti legami con gli altri cani.

Nel tempo ha imparato a fidarsi dei gestori del canile e piano piano ad aprirsi anche a pochi volontari selezionati.

Essendo un cane molto carino e anche di piccola taglia negli anni ha ricevuto diverse richieste di adozione, ma tutte incompatibili con il suo carattere diffidente e spaventato.

Una curiosità? Bellolampo ama gli equilibrismi! Gli piace saltare sui tavoli, le panche, le sedie, i muretti e proprio non resiste al fascino della carriola!!

Mix pittina dagli occhi magnetici... salvata da pesante maltrattamento. Viveva a Napoli legata alla ringhiera delle scale condominiali ad una corda cortissima.

Lei è un cane eccezionale, nata nel 2013. Entrata in canile nel 2014 si è subito distinta per le sue naturali doti olfattive: con lei abbiamo lavorato tantissimo sulla discriminazione olfattiva, fino a farle seguire delle vere e proprie piste di sangue finalizzate al ritrovamento di persone scomparse (attività fatte solo ai fini ludici).

Non va d’accordo con i suoi simili, per cui cerca una famiglia senza altri animali in casa, una famiglia dinamica , esperta e disposta ad un percorso conoscitivo.

Paco cerca casa! Si trova a Genova!

Paco è stato adottato da cucciolo con la superficialità di chi crede che un cucciolo sia un foglio bianco sul quale scrivere ciò che si vuole, e con la stessa superficialità è stato portato in canile perché dopo due anni era cresciuto con caratteristiche diverse da quelle di un peluche.

Paco è un cane affettuosissimo, curioso e dinamico, viene presentato a tutti i nuovi volontari del canile come uno tra i cani più equilibrati e gestibili anche per chi è alla prima esperienza.

Ama passeggiare a lungo, è già abituato a vivere in casa, viaggia volentieri in auto, è sempre alla ricerca di nuove avventure da fare in compagnia dei suoi amici, è molto bravo in città, non ha paura delle persone, né dei cani. Non ama i cani maschi, è invece molto bravo con le femmine. Non è compatibile con i gatti.

E’ un cane adulto oramai, è nato nel 2014, una taglia media (circa 20 kg), è un cane che sa gestire bene le emozioni, i suoi bisogni e i suoi spazi.

Paco ha bisogno di un'adozione responsabile, che non sottovaluti i segnali di stress che sa comunicare, soprattutto quando vuole riposare in cuccia senza essere disturbato.