The Eye of Fire
Avete mai sentito parlare dello Yucatan? Fino a prima dello sbarco dei coloni europei, la
regione era una delle più prospere del grande impero Maya. 1Proprio al largo della penisola dello Yucatan, nel golfo del Messico, il 2 luglio 2021 si è consumata l’ennesima tragedia ambientale.

Come possiamo vedere dalle immagini riportate nei vari video che ora stanno inondando le
piattaforme mediatiche, una fuga di gas da un oleodotto sottomarino ha innescato un
incendio che si è dilagato sulla superficie dell’oceano.

I siti online si riferiscono alle fiamme come a “l’occhio di fuoco”. La fiammata ha infatti
assunto una forma circolare.
Il tutto è avvenuto nei pressi di una piattaforma petrolifera Pemex. La compagnia ha
dichiarato che dopo cinque ore di interventi, l’incendio è stato finalmente estinto.
Grazie all’uso di imbarcazioni specializzate, la Pemex è riuscita a domare l’incendio e,
secondo quanto affermato da Angel Carrizales, non sono stati rilevati versamenti di petrolio
nel Golfo.
L’oro nero ed il Messico: una breve storia
La Pemex (o Petroleos Mexicanos) è una grande azienda petrolifera pubblica messicana;
fondata nel 1938, fu una delle prime ad operare nel settore petrolifero messicano.
I primi giacimenti petroliferi in Messico furono scoperti verso la fine del 1800 e, grazie
all’abbondanza di risorse, il paese divenne in breve tempo il secondo maggior produttore di
petrolio mondiale per qualche anno a partire dal 1923.
Già ad inizio degli anni ‘30 in Messico erano presenti ben 85 compagnie petrolifere delle
quali, ovviamente, molte erano straniere. (Texaco, Gulf, Standard of Indiana e Shell).
Nel 1935, il Messico perse ogni controllo sulle sue risorse petrolifere, che, dopo pochi anni
dall’avvio dell’industria, venivano già controllate per la maggior parte da compagnie
straniere. La grande influenza delle compagnie straniere determinava l’impossibilità di dar
vita a delle associazioni sindacali a tutela del lavoratori.
L’influenza delle compagnie straniere sul mercato dell’oro nero fece si che il governo
messicano, nel 1938, procedette con la nazionalizzazione dell’industria petrolifera
tramite un decreto congressuale e, l’allora presidente Làzaro Càrdenas, attuò una serie di
politiche sociali volte alla tutela dei lavorati messicani ed al rispetto dei loro diritti nei
confronti delle compagnie straniere.
La nazionalizzazione era rivolta in modo più generale alle terre messicane e Cardenas
procedette nella convinzione che questo avrebbe migliorato le condizioni di vita della
popolazione locale e permesso di attuare una serie di riforme volte alla tutela dell’ambiente e
quindi alla sostenibilità ambientale. (Storia del Messico – Alicia Hernández Chávez, 2013)
Nel 1942, le compagnie espropriate ricevettero, da parte del Governo, un indennizzo di 23
milioni di dollari.
L’industria petrolifera del Messico
La PEMEX risulta ad oggi essere l’unica azienda fornitrice di carburanti nel paese e si
occupa dell’estrazione di ben il 98% del greggio.
Secondo i dati del 2019, il Messico produce 1,68 milioni di barili di petrolio ogni giorno.
Il Messico è l’undicesimo produttore di petrolio al mondo ed il tredicesimo per esportazioni.
Nell’emisfero occidentale, è il quarto più grande produttore dopo gli USA, Il Canada ed il
Venezuela.
La crucialità del settore petrolifero è ben testimoniata dal fatto che le entrate petrolifere
continuano, seppur avendo perso di importanza negli ultimi anni, a generare il 10% dei
proventi delle esportazioni.
Impatti ambientali: il caso di Poza Rica de Hidalgo
L’inizio dell’estrazione di petrolio agli albori del ventesimo secolo determinò un impennata
della gravità connessa agli impatti ambientali.
Nel territorio messicano, gli incidenti legati all’estrazione del petrolio ed allo sfruttamento
delle risorse come il gas naturale sono moltissimi, e tutti di grave portata.
Va ricordato l’incidente della Deepwater Horizon nel 2010, ma gli esempi sono moltissimi.
Alcuni ricercatori, ad esempio, affermano che i molti siti di trivellazione in Messico abbiano
contribuito a rendere intere aree inabitabili. Le gravissime contaminazioni agli ecosistemi del
territorio hanno portato all’abbandono da parte della popolazione (molto spesso indigena) di
interi siti abitati. Ne è esempio la città di Poza Rica.
Il nome significa “pozzo ricco”. Si potrebbe essere portati a pensare che questo derivi
dall’abbondanza di petrolio, ma si riferisce in realtà al passato della città. Prima della
scoperta dei giacimenti petroliferi, la cittadina era conosciuta per la presenza di uno stagno
estremamente ricco di pesci e la sua economia, di carattere piuttosto rurale, dipendeva da
quello.
La scoperta del petrolio portò un benessere inaspettato in città ma ne determinò presto
anche la condanna: quasi tutto il greggio presente venne estratto nel giro di breve tempo,
lasciando la città cadere nella miseria a livello economico, paesaggistico ed ecologico.