Quando ho iniziato i consigli del Dodo pensavo di concentrarmi solo sui libri e sui film che trattano di ambientalismo. Tuttavia esistono moltissime altre forme d’arte di cui mi piacerebbe parlare, anche se con meno frequenza magari. Oltre ai murales anti-smog e alle mostre che sensibilizzano all’ecologia, approfondiremo insieme la musica.
Oggi, come avrete capito dal titolo, parliamo dell’album Plastic Beach dei Gorillaz (Parlophone, 2010).
L’album contiene 16 brani, quindi è impossibile analizzarli tutti in questo articolo. Ci concentreremo infatti su quelli che parlano esplicitamente di inquinamento, crisi climatica e capitalismo.
Però vi consiglio davvero di ascoltare l’intero disco, intanto perché è stupendo e poi perché ci sono molte altre canzoni interessanti. Ad esempio, in Stylo il ritornello ripete “overload”, un riferimento al sovrappopolamento ma anche agli eccessi del mondo in generale, quindi al consumismo. Mentre in Rhinestone Eyes si accenna al riscaldamento globale e alle piogge acide.
In fondo all’articolo trovate una delle mie canzoni preferite di questo album che potrebbe conciliarvi la lettura.
L’idea per l’album
Damon Albarn, cofondatore dei Gorillaz, ha scelto il titolo dell’album dopo aver visto tutta la plastica tra la sabbia della spiaggia vicino casa sua. Con Plastic Beach, dice al Guardian, voleva far capire agli ascoltatorə quanto sia malinconico comprare un pasto già pronto confezionato in plastica. Questa malinconia deriva dalla profonda presa di coscienza che inquinando il pianeta stiamo uccidendo noi stessi.
Sono passati anni dall’uscita di quest’album, ma la situazione ambientale del mondo non è cambiata molto, anzi è peggiorata. I Gorillaz stanno pensando infatti di fare un sequel di Plastic Beach perché Albarn ha tantissime canzoni sul tema ed è ancora convinto che serva ricordare alle persone la necessità di cambiare le nostre abitudini per uscire dalla crisi climatica. Il cantante ha anche aggiunto che sarebbe fantastico poterlo chiamare Clean Beach, ma purtroppo la spiaggia è ancora piena di plastica.
The Plastic Beach
Tutto l’album, che come ogni disco dei Gorillaz è accompagnato da video, animazioni e grafiche ad hoc, è ambientato principalmente sull’isola di Plastic Beach. Tanto che hanno deciso di realizzarne una miniatura da inserire poi in una piscina per filmare i video delle canzoni – come si vede nel documentario della creazione dell’album.
Nel racconto di Murdoc, il bassista della versione animata dei Gorillaz, e della sua scoperta dell’isola, la descrive come un gigantesco pezzo di plastica rovinata che si erge in mezzo al nulla. Poi aggiunge che da lontano sembra anche un posto idilliaco, ma non appena ti avvicini è chiaramente una discarica.
L’idea di Albarn è che quest’isola sia composta di tutta la plastica e gli oggetti che girano negli oceani oggi. Si sono tutte riunite in un punto, un po’ come la vera isola di plastica del Pacifico, in modo che il resto dei mari sia pulito.
Nonostante questa nota di ottimismo utopico, l’album racconta in modo diretto e realistico la situazione attuale. Infatti nel secondo brano, Welcome to the World of the Plastic Beach, la voce di Snoop Dogg ci presenta il mondo di quest’isola, che rappresenta il futuro distopico del nostro pianeta, diventato interamente di plastica.

Temi trattati
Plastica e inquinamento

- On Melancholy Hill, la collina della malinconia. Questa canzone, che forse state ascoltando in questo momento, descrive il mondo distopico a cui stiamo andando incontro. Un luogo in cui è rimasta solo una collina con sopra un albero di plastica – nemmeno un vero albero. Nel secondo verso invece sulla collina c’è un povero lamantino, che nel video ufficiale è ricoperto di plastica.
- Plastic Beach è il brano che descrive più esplicitamente l’inquinamento. Inizia con l’ultima balena rimasta al mondo che guarda le navi attraversare di continuo gli oceani. Il ritornello invece parla di una discarica di polistirolo profonda come il mare, piena di rifiuti elettronici. E la fine ripete ossessivamente “Plastico, plastico, plastico where the green, green grows”. Per “green” s’intende naturalmente il denaro, non la natura.
- Pirate Jet conclude l’album con una nota di ironia – cerchiamo di ridere per non piangere, direi. I versi iniziano con “It’s all good news now”, ma le frasi successive sono tutt’altro che buone notizie. Si parla di spreco d’acqua e di consumismo. E si prevede un mondo in cui gli esseri umani saranno costretti a mangiare plastica perché non è rimasto altro.
Consumismo e capitalismo

- Superfast Jellyfish parla chiaramente di consumismo. Siamo sempre nel mondo distopico ideato dai Gorillaz. Scopriamo che in questo futuro si mangeranno le meduse, e in effetti con la sovrappesca e l’acidificazione degli oceani non è così difficile da credere. Naturalmente anche queste velocissime meduse verranno vendute come la migliore colazione al mondo. Per questo la canzone contiene un pezzo della pubblicità per un microonde chiamata “Great Starts Beakfasts”.
C’è anche una critica evidente all’incapacità contemporanea di preferire il cibo sostenibile. Infatti fanno riferimento al non saper distinguere tra delle carote e un pezzo di pollo, quando dicono “With the crunchy, crunchy carrots (Oh that’s chicken)”. - Empire Ants usa una metafora ambientale, l’attività delle formiche, per descrivere il capitalismo. L’analogia è chiara, anche se le colonie di questi piccoli insetti non distruggono interi ecosistemi, come invece fanno le società moderne. Tuttavia, come ogni impero, anche quello capitalista è destinato a fallire e più si va avanti più la caduta sarà devastante: “My little dream, working the machine. Soon, like a wave, empires will fall.”
- Some Kind of Nature descrive il mondo capitalista, in cui il profitto guida ogni scelta che facciamo. Gli imballaggi di plastica, il cibo preconfezionato e la fast fashion hanno la meglio sulle opzioni più sostenibili e salutari.
“Some kind of plastic I could wrap around you, the needy eat man-mades, they wear phony clothes, they sit with barbiturates until they grow old”.
Inoltre, la canzone si conclude con “All we are is dust”, che si suppone faccia riferimento alla caducità dell’essere umano in opposizione all’immondizia che creiamo, che ci sopravvivrà. - Sweepstakes racchiude e rappresenta in una canzone l’effetto che il capitalismo ha sulla gente. Infatti sembra basti dire a una persone che è un vincente per fargli accettare qualsiasi cosa. “Pay Day, you’re a winner.”, così inizia il brano. Tutti i soldi guadagnati tornano nel sistema, si continua a lavorare, guadagnare e spendere. La ripetitività della canzone riflette quella della vita lavorativa.
Tra l’altro il titolo fa riferimento alla vincita di un gioco a premi, e anche questi premi sono ovviamente di plastica. Credi di aver vinto il jackpot, ma stai solo ricevendo l’ennesimo pezzo di spazzatura che finirà in una discarica o nell’oceano.