Ho visto Il nostro pianeta (WWF, 2019) quando uscì ad aprile dell’anno scorso e ancora oggi molte immagini rimangono impresse nella mia memoria. Probabilmente moltə di voi hanno già guardato questa serie documentaristica e hanno apprezzato come me la bellezza della nostra Terra.
Oggi però vorrei riflettere sull’importanza pedagogica di questa serie.
Infatti conoscere il nostro pianeta è fondamentale per capire cosa stiamo rischiando di perdere. Ma soprattutto per uscire dalla mentalità individualista che ci permette di pensare solo alla nostra vita, al nostro appartamento o al massimo alla nostra città. Facciamo parte di un unico mondo e le nostre azioni hanno un impatto su di esso, anche se non le vediamo quotidianamente perché avvengono dall’altra parte del globo.
Innanzitutto presentiamo la serie, per chi non la conoscesse o non si fosse ancora informato. È stata creata per Netflix in collaborazione con il WWF da Alastair Fothergill, regista di Blue Planet (BBC, 2001) e Planet Earth (BBC, 2006).
In originale la voce narrante è del famoso divulgatore scientifico inglese Sir David Attenborough, che in Italia viene doppiato da Dario Penne, conosciuto come la voce di Anthony Hopkins, Michael Caine e Tommy Lee Jones. Insomma un piacere per gli occhi, ma anche per le nostre orecchie.
Per darvi un’idea della portata del progetto, la sua realizzazione ha richiesto 4 anni di riprese in 50 paesi diversi con la collaborazione di più di 600 persone.
Non mi soffermerò su ogni puntata, perché solo le immagini possono davvero emozionarvi e farvi concepire quanto grave sia il nostro impatto sulla Terra in questo momento.
Il destino dei ghiacciai: la scena dei trichechi
Tuttavia, il primo episodio, ambientato nei “mondi congelati”, è uno dei miei preferiti e credo sia un ottimo esempio di come questa serie unisca la bellezza dei documentari naturalistici alla pedagogia.
Il destino dei ghiacciai, che si stanno sciogliendo e rischiano di scomparire a causa del riscaldamento globale, è ormai riconosciuto quasi universalmente.
Ma la puntata ci mostra come questa lenta scomparsa sta già avendo un impatto sugli animali, dagli orsi polari ai trichechi, dalle megattere ai pinguini.

L’immagine dei trichechi che si trovano costretti a convivere ammassati, su una spiaggia ogni anno più stretta, rischiando la morte in diversi modi resterà nella vostra testa come minimo per un paio d’anni, o almeno questa è la mia esperienza.
Nei successivi episodi scoprirete il destino delle foreste tropicali, le conseguenze disastrose della sovrapesca, la pericolosità della desertificazione e molto altro.
Alla luce di questo, consiglio a tuttə di guardarla (o farlo di nuovo) e di lasciarvi convincere dalla voce narrante a cambiare le proprie abitudini per salvare o almeno rendere meno rischiosa la vita degli altri esseri viventi.
Troverete Il nostro pianeta su Netflix naturalmente, ma anche su Youtube: infatti il canale della società di distribuzione ha caricato le puntate per intero in inglese, ma con sottotitoli in italiano e altre 16 lingue.
Non avete più scuse.
Cosa vedere dopo Il nostro pianeta?
Infine, visto che per l’eventuale seconda stagione ci potrebbero volere almeno altri 4 anni, successivamente potete scoprire il dietro le quinte con Our Planet: Behind the scenes. Oppure potete decidere di conoscere meglio il narratore inglese grazie al documentario sulla sua vita, David Attenborough: A life on our planet.
Buona visione!