Il 2020 rimarrà famoso negli anni a venire come il periodo del Covid-19, delle mascherine e dei vaccini.
Paradossalmente, anche per l’impatto positivo che la stessa pandemia ha avuto sull’ambiente: meno emissioni, meno inquinamento, riduzione del buco dell’ozono. Esiste, però, ancora un altro record per cui questi ultimi 365 giorni saranno ricordati: gli incendi.
Il 2019, in realtà, era stato dichiarato anno record per gli incendi forestali.
Tuttavia, solo nell’aprile del 2020, questi erano già aumentati del 13% (!!).
Gli incendi nel 2020
L’incendio che ha attirato l’attenzione mediatica di tutto il mondo e che sicuramente ognuno di noi ricorderà, è quello avvenuto in Australia, a causa del quale ben 85 mila km quadrati di foresta vennero rasi al suolo (oltre a 10 mila km di aree di diverso tipo): una superficie pari ad un terzo dell’Italia.
È stato il più grave e disastroso, ma non di certo l’unico.
Nel mese di luglio 2020, gli incendi nell’Amazzonia Brasiliana sono aumentati del 28% rispetto all’anno precedente.
Nello scorso aprile è scoppiato il più grande incendio mai registrato in Ucraina, vicino l’area di Chernobyl.
Nello stesso mese, il 20% delle foreste Thailandesi sono andate a fuoco.
In Italia, solo durante il periodo estivo, si sono verificati ben 500 incendi.
Insomma, nonostante quello australiano ci abbia lasciati senza parole ed affranti per il numero esorbitante di animali morti e foreste rase al suolo, quello degli incendi è un problema globale.
Ma quali sono le cause? Perché sono in continuo aumento?
Le cause degli incendi
Al netto di quelli dolosi, la maggior parte degli incendi sono diretta conseguenza del cambiamento climatico che stiamo vivendo, ormai, da moltissimi anni.
Potrebbe anche non essere sempre la causa scatenante, ma come ha evidenziato il Bureau of Meteorology australiano, le condizioni climatiche influenzano la potenza, l’espansione, la velocità di propagazione e la pericolosità degli incendi: l’aumento delle piogge, per esempio, può incoraggiare la crescita di piante (definite fuel available – carburante disponibile), che poi seccano durante i periodi di alte temperature e siccità, diventando facilmente infiammabili.
È chiaro, poi, che l’aumento delle temperature non aiuti: nel dicembre 2019, all’inizio dell’estate australiana, sono stati toccati i 42°C, con picchi fino ai 49°C.
Ed ancora: cascate, fumo, cambi di temperatura. Sono tutti fattori potenzialmente scatenanti e/o aggravanti degli incendi.
Per esempio, il vento è stata una delle cause scatenanti di Camp Fire, l’incendio più mortale e distruttivo della storia della California, avvenuto nel novembre 2018.
In giornate ventose come quella dell’8 novembre, la politica antincendio statale imponeva (ed impone tuttora) alle aziende di sospendere la fornitura di energia elettrica: la PG&E (Pacific Gas & Electric Company) non lo fece, e a causa delle raffiche di vento a ottanta chilometri orari, un cavo dell’alta tensione si staccò e cadde sugli alberi sottostanti, che presero immediatamente fuoco.
La formazione dei piro-cumulonembi
Ma non è tutto: quello degli incendi diventa anche un circolo vizioso.
È stato infatti evidenziato come incendi intensi (come quello Australiano) siano alla base della formazione dei piro-cumulonembi, ossia addensamenti nuvolosi capaci di provocare violenti temporali.
Queste tempeste “indotte”, come risulta chiaro dalla foto, non riescono a domare l’incendio ma anzi lo alimentano attraverso raffiche di vento e forti fulmini che, come dicevamo sopra, trovano “terreno fertile” grazie alla vegetazione secca a causa del clima arido.
Inoltre, gli incendi producono un’enorme quantità di anidride carbonica la quale, se non debitamente assorbita, incrementa l’effetto serra, potenziale causa di un ulteriore aumento del riscaldamento globale e di un allungamento dei periodi di siccità. E siamo di nuovo da capo.
Possibili soluzioni
Come possiamo affrontare una realtà così delicata? Come evidenziato nel rapporto di Greenpeace “Un Paese che brucia. Cambiamenti climatici e incendi boschivi in Italia” mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici sono le due risposte chiave: la prima agisce sulle cause del cambiamento climatico (per esempio, emissioni ed effetto serra), mentre la seconda si concentra sull’impatto che questi fenomeni possono avere sul nostro pianeta, attraverso un processo di “aggiustamento” dei sistemi naturali agli eventi climatici attuali ed attesi, cercando di limitarne i rischi.