Jeff Orlowski è un giovane regista newyorkese, che forse conoscete per il suo ultimo film distribuito da Netflix, The social dilemma (Exposure Labs, 2020). Ma oggi vorrei approfondire la sua carriera e parlare in particolare di due suoi documentari che trattano di crisi climatica, ovviamente.
Orlowski è nato nel 1984 a Staten Island. Fin da giovanissimo si è interessato alla narrazione di storie nuove, diventando il capo redattore del giornale scolastico. Da lì si è evoluto in un regista incredibilmente dotato che riesce a raccontare i pericoli della crisi climatica, noti alla maggior parte delle persone ormai, in modo originale. I suoi sono dei documentari con una trama: con un inizio, una difficoltà da superare, un climax e una risoluzione. E mentre si è concentratə a seguire questo giovane autore in giro per il mondo, si impara e si scopre la realtà attuale e la gravità del problema ambientale.
Questo non dovrebbe stupire, visto che l’intenzione di Orlowski è proprio quella di raccontare i dati scientifici nella maniera più appassionate possibile, per raggiungere un pubblico il più ampio possibile. Infatti, durante un’intervista al Sundance Institute, disse:
“È difficile comprendere alcuni grafici o dati scientifici, ma quando le persone vedono delle immagini che raccontano quella stessa storia, la capiscono in un modo completamente diverso. In quanto registi, dobbiamo essere i traduttori della comunità scientifica.”

Chasing Ice (DuPré Pesemen, 2012)
Quando era ancora uno studente universitario a Stanford, decise di seguire il fotografo James Balog, che voleva immortalare la crisi climatica attraverso lo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia, Islanda e Alaska. L’idea iniziale del regista, come confessa lui stesso in una bellissima intervista di Talks at Google, era quella di seguire il famoso fotografo americano nel suo Extreme Ice Survey, ovvero una documentazione filmica – soprattutto con l’uso di timelapse – di questo scioglimento drammatico. Doveva quindi posizionare le telecamere e filmare l’intero processo per aiutarlo a ricevere fondi per la sua ricerca.
Tuttavia, durante le riprese, si resero conto di quanto fosse importante affiancare alla ricerca di Balog un documentario. Negli Stati Uniti infatti questo argomento era ancora molto dibattuto nel 2012, i fatti scientifici venivano messi in discussione a seconda della propria fazione politica, come se la crisi climatica fosse un’opinione. Balog e Orlowski volevano invece evidenziare quanto fosse reale e inquietante il problema dello scioglimento dei ghiacciai. Il documentario è stato mostrato all’ONU e ha vinto un Emmy nel 2014.
Chasing Coral (Orlowski, 2017)
Per il suo secondo progetto da regista, Orlowski sapeva già di voler parlare di crisi climatica e in particolare dei suoi effetti sull’oceano. Ancora una volta voleva partire da una storia, ma purtroppo ci sono tantissimi temi possibili quando si pensa ai modi in cui abbiamo rovinato i nostri mari. Durante la lunga ricerca della storia migliore da rappresentare visivamente in un documentario, trovò la terribile notizia dello sbiancamento dei coralli. Le immagini delle barriere coralline, devastate dal cambiamento di temperatura oceanico, erano tanto profonde quanto difficili da reperire. Orlowski aveva trovato il tema per il suo progetto e soprattutto una bella sfida da superare. Il risultato è incredibile.
Autori come Jeff Orlowski sono fondamentali per avvicinare tutto il mondo – o almeno quello sviluppato, che quindi ha la responsabilità di agire – alla questione climatica. È necessaria una narrazione più diretta ed evidente, perché i dati scientifici li sapevamo già negli anni Settanta, ma pochi si attivarono per contrastare l’imminente devastazione. I numeri e i grafici possono essere dimenticati facilmente, le immagini rimangono impresse nella memoria.