[…] “mi piace il colore che hanno le foglie quando le guardi controluce…hai presente?”
“ah! Si…bellissimo. Komorebi.”
“Cosa scusa?”
“Komorebi,” ripeté dall’altra parte del telefono, da un’altra parte dell’Italia.
“E’ una parola che in giapponese descrive quell’effetto.”

Pochi giorni fa l’autunno ha preso il posto di un’estate in cui, solo in Italia, si è verificato il più alto numero di roghi, all’incirca 256% in più nel 2021.
6 incendi su 10 sono di origine dolosa, i rimanenti trovano complici il meteo, e alla base, il cambiamento climatico.
I cui responsabili, ormai lo sappiamo, sono inevitabilmente le attività umane.
La natura ha i suoi processi, che non sono né buoni né cattivi: piogge torrenziali d’inverno contribuiscono ad una crescita rigogliosa della vegetazione che, se non curata diventa facilmente materiale da combustione nella stagione estiva.
In tutti i modi la natura chiede a gran voce: “cura”.
Ci muoviamo all’interno di essa come se potesse solo darci senza mai avere nulla in cambio, ma dimentichiamo che è lei la scenografia delle nostre storie.
È la natura.
Il modo in cui variano i passaggi, spostandoci di città in città, diventa l’elemento prezioso della descrizione delle nostre storie.
Aspettiamo: ammirando le foglie in controluce che si muovono spinte dalla gentilezza di un’inaspettata brezza estiva.
Ci innamoriamo: facendo ribalzare dei sassi sulla superficie dell’acqua di un lago ghiacciato in pieno agosto.
Ci sentiamo euforici: accarezzati dal vento che entra dal finestrino, mentre sfrecciamo sulle linee di strade sterrate tra i campi di fiori e gli alberelli di mele, che sembrano quasi fatti d’oro, alle prime luci del tramonto.
Pensiamo e ragioniamo su uno scoglio: guardando le linee della roccia modificarsi in tutte le sfumature del grigio e concentriamo la nostra mente, lasciandola cullare dal suono delle onde del mare.
Piangiamo, o veniamo guidati dal mistero del nostro inconscio nelle avventure intricate e senza senso dei nostri sogni, mentre fuori la luna ci accudisce con i suoi raggi, senza accecare. Ricordandoci che la luce c’è… anche quando fa buio.
L’opera: ispirata dalla natura, intrecciata con filati di plastica riciclata

Komorebi è una storia disegnata e ricamata su un tessuto riciclato, con fili ottenuti dal recupero del polietilene tereftalato, PET, delle bottiglie di plastica.
Un omaggio alla natura e alle storie che ci permette di vivere e poi raccontare, alimentando in noi la necessità e gioia di creare bellezza.
Questa storia è illustrata attraverso un linguaggio simbolico, poetico e femminile, dove un gatto, una regale echinacea gialla e un albero di ontano si incontrano con un libro letto per caso, dal quale fuoriescono racconti dell’inseguimento dei sakura in fiore che guidano all’inaspettata scoperta di luoghi sorvegliati da secoli dagli occhi di leoni dorati.
E come nei sogni, o nelle realtà più complesse delle quali talvolta ci sfugge il significato, i pezzi che sembrano non avere qualcosa in comune si intrecciano punto dopo punto, mostrandoci il quadro di una storia che doveva iniziare, concludersi ed essere raccontata… così.




