In questo articolo vi voglio parlare della legge Salva Mare. Essa è, da sempre, uno degli argomenti che uso per solleticare la curiosità di amici e conoscenti verso le tematiche ambientali, per la sua assurdità.
Dopo anni di dure battaglie, il ministro Costa è riuscito a portare in parlamento il disegno di legge “Salva Mare” dando voce, finalmente, all’accorato appello delle associazioni ambientaliste. Ci si chiede se davvero non fosse possibile discutere prima la sua approvazione per rendere lecita un’azione che dovrebbe essere già scontata da parte di chi, almeno, è dotato di buon senso.
Ma di cosa parlo?
La legge Salva Mare prevede che i pescatori raccolgano le plastiche che rimangono incagliate nelle proprie reti. Che le accumulino a bordo delle proprie navi per poi smaltirle nelle apposite isole ecologiche dei porti.
E voi vi starete chiedendo, ma veramente c’era bisogno di una legge per normalizzare questa pratica? Ebbene sì.
Nelle direttive europee sullo smaltimento dei rifiuti non si accenna mai a come trattare i rifiuti marini. Ogni paese è lasciato ad arrangiarsi da solo. E il risultato è che spesso ci si dimentica di questo ammontare ingente di spazzatura (solo nel Mediterraneo si stima che si spiaggino al giorno 5 kg di plastica per chilometro di costa).
La mancanza di direttive precise per il trattamento dei rifiuti che si trovano in mare, come potrete ben immaginare, è una falla enorme nella lotta al contrasto dell’inquinamento ambientale considerando che i nostri mari sono sempre più pieni di plastiche.
Ma che cosa accadrà finché la legge “SalvaMare” non entrerà in vigore?
L’assurdità di questa legge risiede nel fatto che i pescatori che trovavano accidentalmente incagliata della plastica nelle loro reti hanno l’obbligo di ributtarla in mare, pena – udite bene – la condanna per trasporto illecito di rifiuti. Questi venivano ritenuti infatti produttori o trasportatori di rifiuti speciali e, di conseguenza, oltre alla pena, erano ritenuti responsabili dello smaltimento di tali rifiuti.
Il problema che si viene a creare, oltre a quello molto delicato dello smaltimento dei rifiuti, è che quest’ultimi non appartengono di fatto a nessuna categoria (rifiuti urbani, ospedalieri, …). Non esiste -quindi- una figura, o ente, incaricata del loro smaltimento.
Cosa comporta l’introduzione della legge Salva Mare?
La legge stabilisce che i rifiuti accidentalmente pescati (RAP) in mare o nelle acque interne, siano assimilati ai rifiuti prodotti dalle imbarcazioni e, una volta che la barca giunge in porto, siano smaltiti gratuitamente nelle apposite isole ecologiche.
La legge vuole favorire la raccolta dei rifiuti e, in particolare, della plastica in mare e nelle acque interne (fiumi, laghi ecc.) e favorire l’economia circolare.
Con la “Legge Salva Mare”, appena portata in parlamento dal governo “con modificazioni” dopo la votazione del Senato, i pescatori diventeranno difatti “spazzini” del mare. Potranno avere un certificato ambientale e la loro filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta. I rifiuti potranno essere portati nei porti dove saranno allestiti dei punti di raccolta e verranno introdotti dei meccanismi premiali per i pescatori.
In Italia esistono già dei progetti sperimentali di coinvolgimento dei pescatori nella raccolta della plastica che stanno dando ottimi risultati. Ad esempio nell’Arcipelago Toscano accade da un anno (a Livorno) e anche in Puglia, dove la Regione sta avviando una sperimentazione.
Come ricordano i ricercatori, nel Mar Mediterraneo, 134 specie (di cui 60, pesci) sono vittime di ingestione di plastica.
Aggiornamento fatto il 10/11/2021
L’allora ministro dell’ambiente Sergio Costa presenta il disegno di legge “SalvaMare” al Parlamento nel Luglio 2018. Approvato dalla Camera nel 2019, è stato votato poi al Senato, ed approvato -con modificazioni-, lo scorso 9 Novembre 2021.