Il diritto alla riparabilità – l’UE contro l’obsolescenza programmata

Quante volte ci è capitato di essere costretti a sostituire i nostri averi, piuttosto che farli riparare? Il computer, il telefono, lo schermo del televisore, persino la lavatrice.  Personalmente, troppo spesso: il prezzo proposto per l’acquisto di un prodotto brand-new risulta sempre più conveniente (in proporzione) rispetto a quanto richiesto per la riparazione.  

Di questo l’Unione Europea è ben consapevole, e proprio nel mese di marzo 2021 ha stabilito, tramite il regolamento EU 2021/341, la progettazione ecocompatibile per una serie di prodotti: in altre parole, ha introdotto il c.d. diritto alla riparabilità, portando avanti l’eterna battaglia contro l’obsolescenza programmata.  

Vediamo di cosa di tratta.

Obsolescenza programmata o pianificata  

Il termine è stato coniato, addirittura, nei lontani anni ’20, quando i rappresentanti delle aziende produttrici di apparecchi di illuminazione decisero di comune accordo di limitare la durata dei loro prodotti: ogni lampadina non poteva superare le mille ore.

Nasceva così una vera e propria strategia di mercato finalizzata a impedire la mancanza di domanda dei prodotti disponibili sul mercato.

Oggi questo concetto è tornato in auge per merito (o per colpa) del comportamento delle case produttrici. Infatti ormai si sa che essere ostacolano volontariamente il mantenimento di numerosissimi strumenti tecnologici. Pensiamo ad un esempio che sicuramente è comune a tutti noi: lo smartphone. Non è solo il caso del vetro rotto difficile da reperire e/o troppo costoso, ma anche di tutti gli aggiornamenti che sembrano quasi studiati apposta per rallentare il dispositivo e spingerci a cambiarlo.

Ma perché ne parliamo noi di The Black Bag?  

L’obsolescenza programmata – è evidente – ha immediati e distruttivi effetti sull’ambiente: produzione, acquisto e consumo di prodotti tecnologici sono direttamente proporzionali al loro smaltimento.

Rifiuti RAEE – Fonte: cosmos.it

Tra l’altro, secondo il Global E-Waste Monitor 2020 stilato dalla Nazioni Unite, mentre l’Asia vince il primato per il continente con il più alto livello di produzione tecnologica, proprio l’Europa detiene quello per la maggiore quantità di scarti tecnologici pro capite (pari a 16,2 kg).

Global E – Waste Monitor – ewastemonitor.info

Il diritto alla riparabilità  

Il Right to repair, come anticipatoè lo strumento prescelto della Comunità Europea per la lotta all’eccessiva produzione.  

Già nel 2017 il Parlamento Europeo aveva invitato i Paesi Membri a promuovere la produzione di beni con un ciclo di vita più lungo. Lo scorso marzo, si è arrivati alle “maniere (più) forti”: il Regolamento n. 341 impone che al consumatore venga sempre garantita la disponibilità di pezzi di ricambio.

Di conseguenza, obbliga i produttori stessi non solo ad utilizzare nuovi criteri di progettazione (che permettano, a monte, una più agevole riparazione) ma anche ad assicurare ai riparatori professionisti i c.d. pezzi essenziali per la sopravvivenza del prodotto, per almeno 7 – 10 anni (!).  

C’è, però, un limite. La norma, purtroppo, ha un campo di azione limitato a pochi dei prodotti disponibili sul mercato: motori elettrici e variatori di velocità, apparecchi di refrigerazione, sorgenti luminose, display elettronici, lavastoviglie e lavatrici per uso domestico, prodotti di archiviazione dati.  

Mancano proprio le voci più soggette alla strategia di mercato dell’obsolescenza programmata: smartphone, computer, tablet. 

 È evidente che ci sia ancora tanto lavoro da fare ma quest’ultimo intervento da parte dell’Unione Europea debba essere accolto con estrema positività. Aumentando la richiesta di elettrodomestici riparabili e/o sostituibili, siamo un passo più vicini al raggiungimento della famosa economia circolare.  

Nel frattempo, ciò che ognuno di noi può fare è tentare di limitare la ciclica e pressoché infinita sostituzione degli apparecchi elettronici e, se e quando costretti, smaltire i rifiuti RAEE nella maniera più corretta.

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Yoga è stata pescata accidentalmente da un peschereccio a strascico davanti alla costa di Cesenatico. Attualmente sta svolgendo il processo di riabilitazione in vasca presso le strutture di Cestha e nei prossimi giorni svolgerà gli accertamenti veterinari. Ancora non ha iniziato ad alimentarsi, si deve ancora abituare alla sua vasca.

The Black Bag ha deciso di battezzarla con il nome Yoga - dopo averla adottata - per ringraziare David e Gruppo Yoga Solidale Genova per aver contribuito, con una donazione, alla sua adozione.

Bellolampo viveva insieme al suo branco di cani liberi nella discarica di Palermo situata in Via stradale Bellolampo, dalla quale prende il nome.

Non sappiamo esattamente perché, ma il branco è stato catturato e portato nel canile municipale di Palermo, un luogo assolutamente inospitale, inadeguato e spaventoso per tutti i cani, ma soprattutto per i cani nati liberi che non hanno praticamente mai avuto contatti con l’uomo.

La data di nascita viene indicativamente riportata come l’1/12/2015 e l’ingresso nel canile di Palermo è avvenuto il 9/4/2016.
Bellolampo aveva solo 4 mesi quando è stato tolto dal suo territorio nativo e separato dai suoi fratelli per essere chiuso in un box sovraffollato.

Una volontaria del canile di Palermo segnalò a Buoncanile l’urgenza di trovare una sistemazione migliore per lui così riuscirono a farlo arrivare a Genova nell’ ottobre 2016 insieme ad un'altra cagnolina, Papillon.

Furono i primi cani del #buoncanileprogettopalermo.

Bellolampo ha subito manifestato una forte paura nei confronti delle persone e dell’ambiente, arrivando anche a mordere, mentre si è dimostrato da subito capace e desideroso di instaurare forti legami con gli altri cani.

Nel tempo ha imparato a fidarsi dei gestori del canile e piano piano ad aprirsi anche a pochi volontari selezionati.

Essendo un cane molto carino e anche di piccola taglia negli anni ha ricevuto diverse richieste di adozione, ma tutte incompatibili con il suo carattere diffidente e spaventato.

Una curiosità? Bellolampo ama gli equilibrismi! Gli piace saltare sui tavoli, le panche, le sedie, i muretti e proprio non resiste al fascino della carriola!!

Mix pittina dagli occhi magnetici... salvata da pesante maltrattamento. Viveva a Napoli legata alla ringhiera delle scale condominiali ad una corda cortissima.

Lei è un cane eccezionale, nata nel 2013. Entrata in canile nel 2014 si è subito distinta per le sue naturali doti olfattive: con lei abbiamo lavorato tantissimo sulla discriminazione olfattiva, fino a farle seguire delle vere e proprie piste di sangue finalizzate al ritrovamento di persone scomparse (attività fatte solo ai fini ludici).

Non va d’accordo con i suoi simili, per cui cerca una famiglia senza altri animali in casa, una famiglia dinamica , esperta e disposta ad un percorso conoscitivo.

Paco cerca casa! Si trova a Genova!

Paco è stato adottato da cucciolo con la superficialità di chi crede che un cucciolo sia un foglio bianco sul quale scrivere ciò che si vuole, e con la stessa superficialità è stato portato in canile perché dopo due anni era cresciuto con caratteristiche diverse da quelle di un peluche.

Paco è un cane affettuosissimo, curioso e dinamico, viene presentato a tutti i nuovi volontari del canile come uno tra i cani più equilibrati e gestibili anche per chi è alla prima esperienza.

Ama passeggiare a lungo, è già abituato a vivere in casa, viaggia volentieri in auto, è sempre alla ricerca di nuove avventure da fare in compagnia dei suoi amici, è molto bravo in città, non ha paura delle persone, né dei cani. Non ama i cani maschi, è invece molto bravo con le femmine. Non è compatibile con i gatti.

E’ un cane adulto oramai, è nato nel 2014, una taglia media (circa 20 kg), è un cane che sa gestire bene le emozioni, i suoi bisogni e i suoi spazi.

Paco ha bisogno di un'adozione responsabile, che non sottovaluti i segnali di stress che sa comunicare, soprattutto quando vuole riposare in cuccia senza essere disturbato.