Un paradiso da salvare

Che mi piacciano i documentari sulla natura non è certo un segreto. Abbiamo già parlato di Il nostro pianeta, approfondito la serie di documentari di Jeff Orlowski, dibattuto su Seaspiracy e scoperto insieme il catalogo del Festival di Cannes dedicato a questo genere. Ma era un po’ di tempo che non vedevo novità su questo fronte, poi è finalmente apparso qualcosa su Netflix. Un paradiso da salvare (2022) ci trasporta per 78 meravigliosi minuti in Botswana. La regista Renée Godfrey e Matt Meech, come spesso accade, hanno passato un anno a vagare nell’oasi del Delta dell’Okavango per riprendere le abitudini degli animali che ospita. Le immagini sono accompagnate dalla voce di Regé-Jean Page, il Simon Basset di Bridgerton per capirci, doppiato anche in questo caso da Jacopo Venturiero.

Non è un caso che i creatori del film abbiano scelto questa zona dell’Africa in particolare. Il Delta dell’Okavango è uno degli ecosistemi più insoliti al mondo e la sua visione, così in contrasto con la zona desertica che lo circonda, è impressionante. Un’area così particolare non poteva che attirare una documentarista come Renée Godfrey, che coglie l’occasione per mostrarci questo paradiso, rifugio per tanti esseri viventi. In particolare decide di incentrare la trama sulla convivenza tra le specie, un’armonia naturale di vitale importanza, e sulla necessità del branco, della famiglia.

Ormai siamo abituati a vedere immagini straordinarie e in ottima risoluzione, guidati da una voce chiara e coinvolgente, quindi perché vedere l’ennesimo documentario? Cosa offre di nuovo Un paradiso da salvare?

Un titolo fuorviante?

Quando ho letto l’annuncio di questo nuovo film di Netflix se ne parlava ancora solo in inglese: Surviving Paradise: A Family Tale. Un titolo interessante e un sottotitolo abbastanza intrigante – perché parlare di racconto famigliare in un documentario sugli animali? A posteriori, il titolo inglese è molto più chiaro, dal momento che si tratta proprio di spiegare come diverse specie riescano a sopravvivere grazie alla struttura famigliare che le difende.

Tuttavia in italiano troviamo: Un paradiso da salvare – Racconti di un ecosistema. Seppure non sia totalmente sbagliato – il documentario parla di un ecosistema paradisiaco – penso che questo titolo sia molto meno accattivante. Suona come mille altri film sulla natura, su un luogo da salvare e un ecosistema da scoprire. Per carità, sarebbe comunque interessante, ma ignora totalmente che in questo documentario ci sia un filo logico molto chiaro e una narrazione strutturata, che poi è il motivo per cui ho deciso di parlarne e non lasciare che venisse ignorato o sottovalutato come il solito filmetto di Netflix.
(C’è da dire che questa casa produttrice si è assicurata che il documentario fosse fruibile dall’intera famiglia a casa, quindi si vede raramente il sangue o la classica scena cruenta del predatore che sbrana la sua vittima. Vedere che la scena si interrompeva subito dopo il primo morso sul collo della preda è stato un po’ straniante, ma ne capisco l’intento.)

Il paradiso va salvato

Non fraintendetemi, questo paradiso va assolutamente protetto e salvato dalla crisi climatica. Anche se non è il punto centrale della trama, si descrive quanto la siccità nei periodi estivi e le inondazioni in quelli invernali stiano aumentando e mettendo a dura prova il metodo di sopravvivenza che le famiglie animali hanno usato finora. Spiega però anche come si stanno adattando e, come sempre, la natura ci può essere d’esempio per imparare a collaborare per la sopravvivenza della nostra stessa specie.

La famiglia ancora una volta è importante per tramandare i segreti per mantenere l’equilibrio di quel perfetto ecosistema. In questo, un ruolo fondamentale è quello delle madri, le vere protagoniste di questo documentario.

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Yoga è stata pescata accidentalmente da un peschereccio a strascico davanti alla costa di Cesenatico. Attualmente sta svolgendo il processo di riabilitazione in vasca presso le strutture di Cestha e nei prossimi giorni svolgerà gli accertamenti veterinari. Ancora non ha iniziato ad alimentarsi, si deve ancora abituare alla sua vasca.

The Black Bag ha deciso di battezzarla con il nome Yoga - dopo averla adottata - per ringraziare David e Gruppo Yoga Solidale Genova per aver contribuito, con una donazione, alla sua adozione.

Bellolampo viveva insieme al suo branco di cani liberi nella discarica di Palermo situata in Via stradale Bellolampo, dalla quale prende il nome.

Non sappiamo esattamente perché, ma il branco è stato catturato e portato nel canile municipale di Palermo, un luogo assolutamente inospitale, inadeguato e spaventoso per tutti i cani, ma soprattutto per i cani nati liberi che non hanno praticamente mai avuto contatti con l’uomo.

La data di nascita viene indicativamente riportata come l’1/12/2015 e l’ingresso nel canile di Palermo è avvenuto il 9/4/2016.
Bellolampo aveva solo 4 mesi quando è stato tolto dal suo territorio nativo e separato dai suoi fratelli per essere chiuso in un box sovraffollato.

Una volontaria del canile di Palermo segnalò a Buoncanile l’urgenza di trovare una sistemazione migliore per lui così riuscirono a farlo arrivare a Genova nell’ ottobre 2016 insieme ad un'altra cagnolina, Papillon.

Furono i primi cani del #buoncanileprogettopalermo.

Bellolampo ha subito manifestato una forte paura nei confronti delle persone e dell’ambiente, arrivando anche a mordere, mentre si è dimostrato da subito capace e desideroso di instaurare forti legami con gli altri cani.

Nel tempo ha imparato a fidarsi dei gestori del canile e piano piano ad aprirsi anche a pochi volontari selezionati.

Essendo un cane molto carino e anche di piccola taglia negli anni ha ricevuto diverse richieste di adozione, ma tutte incompatibili con il suo carattere diffidente e spaventato.

Una curiosità? Bellolampo ama gli equilibrismi! Gli piace saltare sui tavoli, le panche, le sedie, i muretti e proprio non resiste al fascino della carriola!!

Mix pittina dagli occhi magnetici... salvata da pesante maltrattamento. Viveva a Napoli legata alla ringhiera delle scale condominiali ad una corda cortissima.

Lei è un cane eccezionale, nata nel 2013. Entrata in canile nel 2014 si è subito distinta per le sue naturali doti olfattive: con lei abbiamo lavorato tantissimo sulla discriminazione olfattiva, fino a farle seguire delle vere e proprie piste di sangue finalizzate al ritrovamento di persone scomparse (attività fatte solo ai fini ludici).

Non va d’accordo con i suoi simili, per cui cerca una famiglia senza altri animali in casa, una famiglia dinamica , esperta e disposta ad un percorso conoscitivo.

Paco cerca casa! Si trova a Genova!

Paco è stato adottato da cucciolo con la superficialità di chi crede che un cucciolo sia un foglio bianco sul quale scrivere ciò che si vuole, e con la stessa superficialità è stato portato in canile perché dopo due anni era cresciuto con caratteristiche diverse da quelle di un peluche.

Paco è un cane affettuosissimo, curioso e dinamico, viene presentato a tutti i nuovi volontari del canile come uno tra i cani più equilibrati e gestibili anche per chi è alla prima esperienza.

Ama passeggiare a lungo, è già abituato a vivere in casa, viaggia volentieri in auto, è sempre alla ricerca di nuove avventure da fare in compagnia dei suoi amici, è molto bravo in città, non ha paura delle persone, né dei cani. Non ama i cani maschi, è invece molto bravo con le femmine. Non è compatibile con i gatti.

E’ un cane adulto oramai, è nato nel 2014, una taglia media (circa 20 kg), è un cane che sa gestire bene le emozioni, i suoi bisogni e i suoi spazi.

Paco ha bisogno di un'adozione responsabile, che non sottovaluti i segnali di stress che sa comunicare, soprattutto quando vuole riposare in cuccia senza essere disturbato.