Come ormai tutti noi sappiamo, la plastica è onnipresente nella nostra vita quotidiana. È utilizzata per la conservazione dei cibi, per qualunque tipo di imballaggio, ed è letteralmente presente all’interno del nostro corpo: ingeriamo microplastiche solo bevendo semplice acqua, e proprio recentemente uno studio tutto italiano ne ha rilevato la presenza nella placenta di 4 donne (sulle 6 che volontariamente hanno partecipato all’indagine).
Anni dopo gli accordi di Parigi, la prima vera intesa storica in termini di tutela ambientale e snodo cruciale nell’atteggiamento della comunità internazionale, i Governi tornano a sancire regole e programmi per contrastare l’inarrestabile fenomeno dell’inquinamento e del surriscaldamento globale.
Questa volta non sono i 196 paesi del 2015, ma l’Unione Europea: il grande passo è stato fatto il 5 giugno 2019, con l’adozione della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea (conosciuta come SUP – Single Use Plastics) volta a ridurre l’incidenza della plastica monouso sull’ambiente, ma soprattutto sui nostri fondali marini.
Cannucce, cotton fioc e bottigliette di plastica rappresentano, insieme ad alcuni attrezzi da pesca, addirittura il 77% dei rifiuti marini.
Il piano europeo è diretto all’ottenimento di quella che viene comunemente chiamata economia circolare, in sostituzione di quella lineare: l’obiettivo è un sistema in cui tutte le attività sono organizzate in modo da far sì che il rifiuto di qualcuno diventi una risorsa per altri.
Ogni stato membro dovrà, entro il 3 luglio 2021, adottare provvedimenti nazionali per adeguarsi alle nuove regole.
Cosa sta facendo l’Italia?
Il punto di partenza del programma Italiano è rappresentato dal divieto di commercializzazione di borse di plastica in materiale leggero per favorire, dall’altra parte, l’utilizzo di quelle biodegradabili e compostabili (Legge n. 123 del 2017); nel 2018, il Governo ha proseguito la lotta all’utilizzo della plastica con l’introduzione dell’art. 226-quater all’interno del Codice dell’Ambiente, dando l’avvio ad una fase sperimentale e volontaria tutt’ora in corso (2019-2023) in cui le aziende produttrici hanno la possibilità di adottare modelli di riciclo e di raccolta differenziata di stoviglie in plastica da fonte fossile (con reintroduzione delle materie prime nel ciclo produttivo), e di produrre stoviglie fabbricate con bio-polimeri di origine vegetale.
Nello stesso anno, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha lanciato la Plastic Free Challenge, un’iniziativa volta a spingere le aziende e le associazioni a liberarsi dalla plastica.
Plastic Tax
L’ultimo e più recente passo è rappresentato dalla Plastic Tax, anche conosciuta come imposta sul consumo dei manufatti con singolo impegno (i c.d. MACSI). Introdotta con la Legge di Bilancio del 2020, questa nuova tassa ha la finalità di incentivare (nuovamente) le aziende produttrici dei sopracitati manufatti a convertire la produzione in plastica biodegradabile o compostabile.
L’imposta è stata fissata a 0,45 euro per ogni chilogrammo di materia plastica utilizzata (inizialmente si parlava di 1 euro) e i prodotti cui si applica sono principalmente quelli volti al contenimento e consegna di merci e/o prodotti alimentari: materie plastiche costituite da polimeri di natura sintetica, che non nascono in un’ottica di riutilizzo (un esempio base: la pellicola per la conservazione del cibo).
La misura, oltre ad un atteggiamento “punitivo” nei confronti delle aziende che ancora usano la plastica per i prodotti monouso, introduce anche un premio per i comportamenti virtuosi: un credito di imposta pari al 10% a cui possono avere accesso quelle aziende produttrici di MACSI proprio a seguito dell’adeguamento tecnologico per la produzione di manufatti compostabili.
Insomma, alla luce di questi interventi sembra chiara la direzione dell’Italia.
Unico problema: il (mancato) tempismo. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, insieme all’Agenzia delle Entrate, avrebbe infatti dovuto definire le modalità di attuazione dell’imposta, ma a causa della pandemia in corso, il tutto è stato rimandato al 1° gennaio 2021. E purtroppo sembra che la Legge di Bilancio 2021 stabilirà un ulteriore rinvio.
Per fortuna, a partire dalla stessa data originariamente prevista per la plastic tax italiana, verrà applicata quella europea (0,80 euro per ogni kg di plastica), in virtù della decisione del Consiglio Europeo del 14 dicembre scorso.
L’obiettivo è quello di allineare gli strumenti di finanziamento dell’Unione alle sue priorità strategiche: la plastic tax è il primo passo del lungo percorso previsto dalla Commissione UE, che si impegna a presentare, entro il primo semestre del 2021, anche un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, in modo da evitare la ricollocazione delle produzioni in Paesi con norme meno severe in termini di controllo delle emissioni.