Con Ponyo sulla scogliera (2008) si chiude il ciclo di articoli sull’ambientalismo dello Studio Ghibli. Ho scelto di tenerlo per ultimo perché tra tutti è forse il più esplicito nel suo impegno ecologista e anche perché ci sono molto legata.
Infatti questo è il primo anime dello studio giapponese che ho visto al cinema. Mi ricordo che mi piacque moltissimo, anche se era diverso da qualsiasi cosa avessi mai guardato. Mi rimasero impresse moltissime immagini e soprattutto avevo capito chiaramente il messaggio del regista.
Qualche anno prima era uscito Alla ricerca di Nemo (2003, Pixar), che non c’entra nulla col film di oggi se non per il fatto che è ambientato nell’oceano. Però mi ricordo che da bambina il paragone fu inevitabile, perché anche quello l’avevo visto al Cinema dei Piccoli a Villa Borghese. Nonostante anche nel capolavoro della Pixar ci fossero alcuni riferimenti alla presenza pericolosa dell’essere umano (che rapisce Nemo e che cattura moltissimi pesci in reti giganti), Miyazaki è molto più esplicito.
Analisi di Ponyo
Rispetto ai suoi predecessori già trattati, Ponyo sulla scogliera è dall’inizio alla fine un film ambientalista – forse giusto Pom Poko ci va così vicino. Persino la storia d’amore tra la protagonista e Sosuke serve da metafora per l’unione tra la natura (in particolare il mondo marino) e gli esseri umani. Solo il loro legame infatti potrà restaurare l’equilibrio naturale delle cose.
Si sa ed è evidente che Miyazaki si sia ispirato, oltre che al folklore giapponese, alla Sirenetta di Andersen. Tuttavia ne ha fatto un adattamento realistico e attuale, in cui il mare è terribilmente inquinato e minacciato dall’umanità. In particolare, si vede chiaramente una rete a strascico (tra i modi peggiori di pescare, come spiegato nell’articolo su Seaspiracy) che distrugge gli ecosistemi del fondale e smuove moltissimi rifiuti affondati. Questa rete rischia di catturare anche Ponyo, che riesce a scappare ma rimane intrappolata in un vasetto di vetro. Sosuke poi la salverà, ma sappiamo che quello non è il destino di tanti altri animali marini del nostro mondo.

Fujimoto
Il padre di Ponyo, Fujimoto, è un personaggio straordinario. È la figura che si avvicina di più al cattivo del film, ma non è veramente malvagio.
Sostanzialmente è un ambientalista che, deluso dal comportamento dei suoi simili, decide di vivere isolato negli abissi per tentare di salvare la natura. Il problema è che con le sue pozioni non vuole solo purificare il mare e rigenerare la vita, ma vuole anche far scomparire la specie umana, perché è convinto che sia l’unico modo per salvare la Terra. Come biasimarlo…
Sarà Sosuke a convincerlo che forse c’è anche un modo di salvarla proprio grazie all’aiuto umano. Il bambino potrebbe rappresentare le generazioni più giovani che si interessano sempre di più alla questione, anche perché se non cambia qualcosa saranno loro a subirne le conseguenze.