L’industria dell’oro bianco è in crisi

“Nevica meno ma fioccano gli impianti”. Si apre così il rapporto Nevediversa 2022 di Legambiente, che cerca di fare chiarezza sulla situazione dello sci di massa davanti al cambiamento climatico. Quello che emerge è che, nonostante la scarsità delle precipitazioni nevose, gli investimenti pubblici e privati nell’industria turistica dello sci sono in crescita. Le evidenze ambientali non sono sufficienti. Si continua a cercare di mantenere in vita un modello economico obsoleto, non sostenibile e che non valorizza la montagna e le comunità che ne fanno parte.

La monocultura dello sci di massa

Dagli anni Trenta e fino al 2000, lo sci da discesa è stato il settore principale del turismo invernale.
Nel secondo dopoguerra, parte dei profitti delle attività industriali vengono impiegati nelle terre alte. Nasce così una galassia di medie e piccole stazioni sciistiche.
Negli anni Sessanta e Settanta, con il boom economico e l’affermarsi del turismo di massa, queste realtà vivono momenti gloriosi. Gli impianti vengono potenziati, altri costruiti da zero, con la speranza che il progresso tecnologico riesca a tenere il passo e soddisfare le esigenze dei turisti invernali.
A metà degli anni Ottanta, per gestire il flusso di sciatori in crescita, si aprono i collegamenti tra stazioni sciistiche: Dolomiti Superski, Monte Rosa Ski, il Comprensorio del Cimone o quello delle Tre Nevi.
Di pari passo con lo sviluppo delle piste, procede quello edilizio. Dagli anni Settanta, tutte le località facilmente raggiungibili dalla pianura sono soggette a enormi investimenti per lo sviluppo immobiliare turistico-residenziale. San Sicario, in Val di Susa, è uno degli esempi più eclatanti di questo connubio tra neve e mattoni, che cerca di riprodurre in alta quota le caratteristiche della città, intaccando indelebilmente il paesaggio naturale.
Proprio mentre i comprensori sciistici si stanno allargando per accogliere ancora più turisti, qualcosa comincia a cambiare.
Dalla metà degli anni Ottanta, inizia a nevicare di meno e, alla fine dei Novanta, si diffondono su tutto il territorio montano i sistemi di innevamento artificiale.

La monocultura dello sci di massa si basa su una fitta rete di impianti di risalita che hanno un enorme impatto ambientale.
Impianti di risalita

La crisi climatica e l’innevamento artificiale

Oggi, il 72% delle piste in Italia è in grado di produrre neve indipendentemente dalle precipitazioni. Tuttavia, non si tratta di una soluzione. È vero che alcune medie e piccole stazioni, soprattutto al di sotto dei 2000 metri, riescono a sopravvivere solo grazie a queste tecnologie. Ma è altrettanto vero che i cambiamenti climatici e le temperature sempre più miti impediscono di mettere in funzione l’innevamento. Anche quando il clima lo permette, la neve dura comunque troppo poco e l’enorme dispendio di acqua ed energia non è controbilanciato dalle entrate. Secondo una stima del WWF, per innevare le piste ogni anno vengono impiegati 95 milioni di metri cubi di acqua e 600 gigawatt ora di energia: il fabbisogno di una città di 1 milione e mezzo di abitanti.
Il dossier 2023 di Legambiente mette nero su bianco la situazione degli impianti in Italia: 249 “dismessi”, 138 “temporaneamente chiusi”, 181 quelli sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ovvero impianti che sopravvivono solo grazie a forti iniezioni di denaro pubblico, 84 “un po’ aperti e un po’ chiusi”, 78 “edifici fatiscenti”, 16 nella categoria “smantellamento e riuso”. Questi numeri mettono seriamente in discussione il senso dell’investire in sistemi di innevamento artificiale che non stanno risolvendo il problema e che concorrono al deturpamento dell’ambiente a causa della costruzione di bacini idrici per lo stoccaggio dell’acqua.

La fine di un modello

Dal 2010, la crisi climatica ha assestato un duro colpo all’industria dello sci da discesa. L’innalzamento delle temperature rende difficile mantenere le piste aperte tutto l’inverno e i prezzi proibitivi degli skipass disincentivano parte del turismo invernale. Sempre più persone si muovono verso altre attività, come lo sci alpinismo, le ciaspole, lo sci di fondo, il turismo del relax e quello enogastronomico. Attrattive meno care, più sostenibili e più vicine a un’idea di ritorno alle tradizioni della montagna, in un’ottica di turismo culturale ed esperienziale.
Il cambiamento climatico sta mettendo in evidenza che il modello dello sci di massa è ormai al tramonto. Gli impianti, la loro manutenzione, l’innevamento hanno bisogno di entrate elevate, anche solo per raggiungere una situazione di break even. A parte le grandi società, che comunque faticano a far quadrare i conti, tutte le medie e piccole stazioni sciistiche sono in serio pericolo, quando non già chiuse.
Per questo, bisogna cercare di investire tempo, risorse e creatività in modelli di turismo destagionalizzato che prevedano attività tutto l’anno, che siano specifici per ciascuna realtà e che tengano in considerazione i limiti dell’ambiente. Un turismo “più dolce” e consapevole, attento alle specificità culturali della montagna e dei suoi abitanti.

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Yoga è stata pescata accidentalmente da un peschereccio a strascico davanti alla costa di Cesenatico. Attualmente sta svolgendo il processo di riabilitazione in vasca presso le strutture di Cestha e nei prossimi giorni svolgerà gli accertamenti veterinari. Ancora non ha iniziato ad alimentarsi, si deve ancora abituare alla sua vasca.

The Black Bag ha deciso di battezzarla con il nome Yoga - dopo averla adottata - per ringraziare David e Gruppo Yoga Solidale Genova per aver contribuito, con una donazione, alla sua adozione.

Bellolampo viveva insieme al suo branco di cani liberi nella discarica di Palermo situata in Via stradale Bellolampo, dalla quale prende il nome.

Non sappiamo esattamente perché, ma il branco è stato catturato e portato nel canile municipale di Palermo, un luogo assolutamente inospitale, inadeguato e spaventoso per tutti i cani, ma soprattutto per i cani nati liberi che non hanno praticamente mai avuto contatti con l’uomo.

La data di nascita viene indicativamente riportata come l’1/12/2015 e l’ingresso nel canile di Palermo è avvenuto il 9/4/2016.
Bellolampo aveva solo 4 mesi quando è stato tolto dal suo territorio nativo e separato dai suoi fratelli per essere chiuso in un box sovraffollato.

Una volontaria del canile di Palermo segnalò a Buoncanile l’urgenza di trovare una sistemazione migliore per lui così riuscirono a farlo arrivare a Genova nell’ ottobre 2016 insieme ad un'altra cagnolina, Papillon.

Furono i primi cani del #buoncanileprogettopalermo.

Bellolampo ha subito manifestato una forte paura nei confronti delle persone e dell’ambiente, arrivando anche a mordere, mentre si è dimostrato da subito capace e desideroso di instaurare forti legami con gli altri cani.

Nel tempo ha imparato a fidarsi dei gestori del canile e piano piano ad aprirsi anche a pochi volontari selezionati.

Essendo un cane molto carino e anche di piccola taglia negli anni ha ricevuto diverse richieste di adozione, ma tutte incompatibili con il suo carattere diffidente e spaventato.

Una curiosità? Bellolampo ama gli equilibrismi! Gli piace saltare sui tavoli, le panche, le sedie, i muretti e proprio non resiste al fascino della carriola!!

Mix pittina dagli occhi magnetici... salvata da pesante maltrattamento. Viveva a Napoli legata alla ringhiera delle scale condominiali ad una corda cortissima.

Lei è un cane eccezionale, nata nel 2013. Entrata in canile nel 2014 si è subito distinta per le sue naturali doti olfattive: con lei abbiamo lavorato tantissimo sulla discriminazione olfattiva, fino a farle seguire delle vere e proprie piste di sangue finalizzate al ritrovamento di persone scomparse (attività fatte solo ai fini ludici).

Non va d’accordo con i suoi simili, per cui cerca una famiglia senza altri animali in casa, una famiglia dinamica , esperta e disposta ad un percorso conoscitivo.

Paco cerca casa! Si trova a Genova!

Paco è stato adottato da cucciolo con la superficialità di chi crede che un cucciolo sia un foglio bianco sul quale scrivere ciò che si vuole, e con la stessa superficialità è stato portato in canile perché dopo due anni era cresciuto con caratteristiche diverse da quelle di un peluche.

Paco è un cane affettuosissimo, curioso e dinamico, viene presentato a tutti i nuovi volontari del canile come uno tra i cani più equilibrati e gestibili anche per chi è alla prima esperienza.

Ama passeggiare a lungo, è già abituato a vivere in casa, viaggia volentieri in auto, è sempre alla ricerca di nuove avventure da fare in compagnia dei suoi amici, è molto bravo in città, non ha paura delle persone, né dei cani. Non ama i cani maschi, è invece molto bravo con le femmine. Non è compatibile con i gatti.

E’ un cane adulto oramai, è nato nel 2014, una taglia media (circa 20 kg), è un cane che sa gestire bene le emozioni, i suoi bisogni e i suoi spazi.

Paco ha bisogno di un'adozione responsabile, che non sottovaluti i segnali di stress che sa comunicare, soprattutto quando vuole riposare in cuccia senza essere disturbato.