“During the day, a formidable troop of sharks accompanied us, terrible creatures, which multiply in these seas, and make them very dangerous.“
– Jules Verne, Twenty Thousand Leagues Under the Sea, 1870.
Solo poco più di un secolo fa, lo scrittore e avventuriero francese Jules Gabriel Vernes, accompagnava una delle letture che più hanno segnato generazioni di giovani lettori con le parole sopracitate che si riferiscono ai terrori dei mari.
E se vi dicessi che ora le cose sono cambiate? Che non sono più gli squali i temibili predatori, ma che siamo noi ad aver preso il loro posto?
La pratica dello shark finning si riferisce all’atto compiuto dai pescatori di squali volto a rimuovere le pinne di quest’ultimi per poi rigettare la carcassa degli animali in mare.
La rimozione delle pinne dell’animale non ne comporta necessariamente la morte, anzi, spesso gli squali sono ancora in vita quando vengono rimosse le pinne e rigettati in mare. Gli animali si trovano però impossibilitati al nuoto e finiscono per morire soffocati nelle profondità oceaniche.
La morte per soffocamento sopraggiunge perché le pinne servono agli animali per filtrare l’acqua attraverso le branchie.
Perchè le pinne?
Le pinne di squalo sono tra i più costosi prodotti di pesce nel mondo.
A partire dal 1997 si registra una crescente domanda di zuppa di pinne di squalo, specialmente in Cina.
La zuppa di pinne di squalo rappresenta una tradizione millenaria in Cina, tanto che al piatto viene attribuita la facoltà di fungere a determinante di una particolare classe sociale.
Spesso i pescatori preferiscono praticare lo shark finning in modo tale da poter massimizzare i profitti, essendo le pinne la parte più costosa degli animali, con un valore di 400$ per kg negli USA, per un mercato complessivo che varia dai 540 milioni a 1.2 miliardi di dollari.
Restrizioni Internazionali
Gli studi della Food and Agriculture Organisation (FAO) mostrano numeri preoccupanti per quello che riguarda la pratica dello shark finning.
Approssimativamente, il numero di squali uccisi ogni anno arriva ai 100 milioni, ed il 73% di queste morti è da ricollegarsi al finning.
Gli squali sono animali particolarmente lenti nel riprodursi e di conseguenza pericolosamente predisposti all’estinzione nei prossimi decenni.
Secondo la linea dura intrapresa durante la Convention on International Trade in Endangered Species, molte specie di squali necessitano di maggiori tutele a livello internazionale.
Dal 2000, moltissimi paesi hanno cominciato a mettere in uso delle leggi volte a mettere un ban sulla pratica del finning.
Il problema però persiste per una serie di motivi. Primo tra questi è che la CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Fauna and Flora) protegge legalmente solo alcune delle 100 specie etichettate come in pericolo.
Inoltre, i paesi o le imbarcazioni indipendenti che non riconoscono i trattati alla base della CITES non sono tenute al rispetto di queste regole e agiscono di conseguenza rimanendo impunite.
Nel 2013, 27 paesi e l’Unione Europea hanno vietato la pratica del finning ma le acque internazionali rimangono senza regolamenti.
Gli effetti sull’ecosistema
Oltre alla scomparsa degli squali, i quali diminuiscono a vista d’occhio raggiungendo picchi di scomparsa, in alcune specie, pari all’80% in 50 anni, la pericolosa situazione degli squali presenta ripercussioni sull’intero sistema.
Questi animali hanno abitato i mari e gli oceani della terra per 400 milioni di anni.
La narrazione dei media e della pop culture ha sempre dipinto gli squali come animali particolarmente aggressivi e quindi pericolosi per l’uomo, ma che succederebbe se si estinguessero?
Gli squali fanno del loro habitat qualunque posto. Che siano barriere coralline, fredde acque artiche o nel mezzo del Pacifico. Essendo predatori, gli squali occupano un ruolo importante nella catena alimentare marina. Infatti tendono a isolare come prede piccoli pesci solitamente deboli e malati, rendendo quindi possibile il mantenimento in salute degli altri e impendendo di volgere verso un numero di pesci troppo grande da sopportare per l’ecosistema.
Sono inoltre fondamentali nella regolazione della produzione ossigeno, grazie al loro cibarsi di predatori che a loro volta si nutrono di plancton, che genera ossigeno.