Di recente ho cominciato a informarmi sull’impatto ambientale che ha la produzione di un film. Ho scoperto molte informazioni sconcertanti, soprattutto per una persona che ama il cinema come me, ma sto ancora raccogliendo dati a riguardo e credo che l’argomento avrà bisogno di più articoli. Ad esempio, ho scoperto che esiste già il movimento del green filmmaking, che si preoccupa proprio di abbassare l’impatto ambientale dei set. Tuttavia, oggi vi voglio parlare di un caso specifico che trovo molto interessante ed emblematico: la preproduzione di The Beach (20th Century Fox, 2000) e le conseguenze del suo successo internazionale.
Il famoso film di Danny Boyle con protagonista Leonardo Di Caprio si basa sull’omonimo libro di Alex Garland. Entrambi raccontano la storia di Richard, un ragazzo in cerca di avventura a Bangkok che viene a sapere di una leggendaria spiaggia nascosta e incontaminata. Seguendo una mappa arriverà in questo paradiso terrestre e scoprirà i segreti della società che lo abita.
The (perfect) Beach

La 20th Century Fox, che produceva il film, voleva trovare la location perfetta per rappresentare quella spiaggia straordinaria che dava il titolo al film. Dopo una lunga ricerca, trovò Maya Bay sull’isola Ko Phi Phi Leh (Thailandia), che come vedete nella foto è spettacolare. Tuttavia non era abbastanza. Infatti per essere “perfetta” quella spiaggia doveva rispecchiare l’immaginario occidentale di un paradiso tropicale: sabbia bianca a perdita d’occhio e tante, tantissime palme. Per questo, i produttori decisero di modificarne l’aspetto. I cespugli di arbusti sparsi sulla spiaggia furono considerati sgradevoli alla vista e vennero sradicati, nonostante tenessero insieme la sabbia e ne impedissero l’erosione. Inoltre, introdussero 60 palme aliene e già adulte. Infine, allargarono, livellarono e ripulirono l’intera spiaggia.
Naturalmente non avevano pensato che molte delle radici strappate e delle dune di sabbia rimosse erano tutto ciò che permetteva a quei 250 metri di spiaggia di rimanere lì. Una volta modificato, quello che già era un paradiso è stato per gran parte sommerso dall’oceano. Tutto questo è ancora assurdo se si pensa che la morale del libro è proprio che la ricerca di un’estetica naturalistica perfetta è sbagliata per principio e non porta a nulla di buono. Infatti l’autore Alex Garland ha sempre espresso il suo biasimo verso questo scelta della produzione.
Ma ehi, grazie al successo di The Beach quella spiaggia è diventata una meta turistica per moltissime persone. Infatti, secondo un report della BBC, dall’uscita del film i visitatori sono aumentati esponenzialmente, raggiungendo il picco massimo nel 2016. Fino al 2018 circa 5000 persone cercavano di visitare la spiaggia ogni giorno. Quindi ne è valsa la pena, no?
L’ecodisastro durato vent’anni

All’epoca, il dipartimento forestale del governo thailandese diede il permesso di fare queste “modifiche” alla spiaggia e in cambio la Fox lasciò un grosso deposito per la sua ricostruzione e promise di prendersene cura. Ma già nel 1999 un articolo del Guardian espose i danni irreparabili causati dalla produzione del film. Infatti, dopo diversi mesi di set, la location era praticamente distrutta.
In realtà al termine delle riprese la Fox cercò davvero di riportare Maya Bay al suo stato originale con l’aiuto di consulenti locali e stranieri: fece togliere le palme aggiunte, ripiantare le specie autoctone e aggiungere delle recinzioni di bambù per proteggere le dune di sabbia dall’erosione. Tuttavia piante autoctone come l’alga gigante, il pandano marino e il giglio ragno, che erano state rimosse dalla spiaggia e conservate in un vivaio, morirono. Anche le recinzioni di bambù non bastarono: la caratteristica sabbia bianca venne in parte spazzata via dalle tempeste autunnali. Anche la presenza di così tanti turisti non era certo d’aiuto e si cercò di arginare il problema aggiungendo più cartelli con divieti e realizzando un sentiero da seguire.
Dopo questi eventi, il governo locale, l’organizzazione che supervisiona l’isola (Ao Nang Tambon) e alcuni residenti denunciarono il dipartimento forestale thailandese, il ministero dell’Agricoltura, la 20th Century Fox e il suo coordinatore thailandese Santa International Film Production. Ma la conclusione di questa causa legale arrivò solo nel 2022, quando la corte suprema thailandese dichiarò che la 20th Century Fox dovesse pagare 10 milioni di Thai Baht (260mila euro) per riparare la spiaggia.
I thailandesi salvano la loro spiaggia
Quasi vent’anni dopo l’ecodisastro che ha quasi distrutto Maya Bay, la spiaggia di The Beach viene finalmente chiusa ai turisti il primo giugno del 2018. Per questo traguardo importante bisogna ringraziare soprattutto il biologo marino Thon Thamrongnawasawat, che lavora per il dipartimento dei parchi nazionali thailandesi.
Infatti è proprio lui a lanciare l’allarme sullo stato sempre più degradato della famosa spiaggia. Ma soprattutto, come specifica nell’intervista per la BBC, ormai ci sono abbastanza dati per dimostrare che l’arrivo di così tante barche vicino alla costa abbia un impatto disastroso sulla barriera corallina sottostante. Infatti il biologo thailandese ha monitorato la presenza dei coralli nella baia: 30 anni prima tra il 70 e l’80% della barriera era intatta, mentre nel 2018 ne rimaneva l’8%. Per questo, ora i turisti possono ammirare la baia solo da una certa distanza, ma non possono scendere dalle barche né avvicinarsi troppo alla costa.

Nel periodo di chiusura, i thailandesi sperano di poter ricostruire la barriera corallina. Il parco nazionale si sta occupando di ripiantare i coralli e monitorerà la loro crescita. Purtroppo sanno già che non tutti sopravvivranno – abbiamo visto nel documentario Chasing Coral quanto queste operazioni siano complicate. Una notizia più speranzosa è che dopo solo tre mesi dalla chiusura della spiaggia sono tornati gli squali orlati (60 esemplari nel 2019).