Cominciamo dalle basi e quindi da molto tempo fa.
Infatti già nell’Ottocento, quando i dodo erano ormai estinti da un secolo e mezzo, moltə scrittorə esaltavano la bellezza della natura e condannavano lo sfruttamento industriale, che cominciava a distruggere la Terra albero dopo albero.
Il disboscamento, l’industria alimentare e l’apatia degli esseri umani verso il mondo naturale erano temi importanti e preoccupanti per autori del calibro di Čechov, Tolstoj e, soprattutto, Thoreau.
In Zio Vanja (1896) il personaggio del dottor Astrov, un fervente ambientalista che passa il suo tempo libero nei boschi russi, racchiude tutti i timori dell’autore a questo proposito:
«L’uomo è dotato di intelligenza e di forza creativa per moltiplicare quanto gli è dato, ma fino a oggi egli non ha creato, bensì distrutto. I boschi sono sempre meno, i fiumi seccano, la selvaggina si è estinta, il clima è rovinato e di giorno in giorno la Terra si fa più povera e caotica».
Nel caso di Tolstoj (1828-1910) invece non abbiamo una sola opera in cui sono raccolti i suoi pensieri animalisti. In Perché sono vegetariano (Piano B, 2015) troviamo un’infinità di saggi brevi, articoli e lettere che dimostrano la sua conversione al vegetarianismo e i motivi della sua convinzione nel cambiare abitudini alimentari. Un esempio emblematico è la descrizione dettagliata della sua visita al macello di Tula. Racconta quanto fosse inquietante «che l’uomo, senza alcuna necessità, fa tacere in sé il sentimento di simpatia e compassione verso gli altri esseri viventi». Fino ad affermare: «Finché esisteranno i macelli, esisteranno sempre dei campi di battaglia».
Walden. Vita nel bosco
Questo approccio filosofico all’ambientalismo è alla base del libro che vi consiglio oggi: Walden. Vita nel bosco di Henry David Thoreau. È un testo del 1854 che ormai viene considerato un caposaldo del movimento ecologista moderno e della controcultura americana. Infatti è uno dei libri del protagonista di Into the wild (Paramount Vantage, 2007).
Thoreau è forse l’unico filosofo che ha vissuto e agito sempre e solo secondo la propria etica. Quando si accorse che parte delle tasse americane finanziavano le guerre intraprese dalla nazione, smise di pagarle e venne arrestato. Quando capì di non condividere le tipologie di insegnamento della scuola in cui lavorava, ne fondò una nuova con suo fratello ed educò i bambini andando nei boschi e analizzando ogni essere vivente insieme a loro. E ancora, quando pensò di aver perso lui stesso il contatto con la natura, si trasferì per due anni sulle rive del lago Walden in Massachusetts.
Walden. Vita nel bosco è il risultato di questo biennio trascorso in una capanna in mezzo alla foresta. Vissuto a leggere, coltivare l’orto, nuotare e passeggiare, contemplando ogni animale e ogni pianta. Le descrizioni della natura selvaggia sono straordinarie e spesso poetiche, tanto che questo testo è ormai famoso soprattutto da un punto di vista letterario. Ma è molto più di un diario scritto bene, è il resoconto autobiografico di un’esperienza trasformativa che dona moltissimi spunti di riflessione ancora oggi.

La riflessione filosofica di Walden
Che sia una profonda critica all’individualismo e alla società capitalista è chiaro anche solo rileggendo una delle frasi più iconiche di questo libro: «La maggioranza dell’umanità vive un’esistenza di tranquilla disperazione».
In un momento storico in cui il mondo va avanti come nulla fosse davanti a catastrofi naturali ed estinzioni di massa (basti pensare alla strage della Kamchatka), questa frase è terribilmente attuale ed è di vitale importanza comprendere gli insegnamenti di Thoreau.
Il filosofo americano aveva capito già nell’Ottocento che distruggere la natura significava distruggere l’essere umano, che la nascita dell’antropocentrismo – in cui la figura posta al di sopra di tutto è l’uomo bianco e ricco – avrebbe portato prima di tutto al capitalismo, ma poi anche al razzismo e al sessismo. Evidenziando come tutte queste battaglie siano strettamente legate e come, partendo dal rinnovamento dell’amore per la natura, si possa arrivare anche alla pace sociale.In conclusione è interessante notare che gli autori citati in questo articolo vivevano in Russia o in America, due nazioni che oggi, con le loro emissioni di CO2, contribuiscono pesantemente alla crisi climatica.
Da bravo dodo, posso solo pensare che eravamo statə avvertitə dai pensatori ottocenteschi e che uno stile di vita più simile a quello di Thoreau potrebbe essere un buon inizio per migliorare la nostra situazione.