The democracy of species di Dr. Robin Wall Kimmerer

Con questo articolo proseguo le mie recensioni dei singoli libri della magnifica serie editoriale della Penguin Classics, Green Ideas. Infatti, dopo aver parlato di Food Rules, oggi passiamo a The Democracy of Species di Robin Wall Kimmerer.

Wall Kimmerer è una biologa forestale, accademica e scrittrice. È cresciuta nell’Upstate New York quando i genitori stavano già reimparando gli insegnamenti della loro cultura indigena. Infatti la sua famiglia è di origini Potawatomi. Anche per questo lei crede fermamente nel Traditional Ecological Knowledge (TEK), che consiste nel promuovere e usare le conoscenze ecologiche delle popolazioni indigene per far prosperare il terreno e migliorare il rapporto che gli esseri umani hanno con la natura.

Il suo libro più conosciuto è Braiding Sweetgrass, un saggio accademico sulle tecniche della tradizione indigena che non seguono un metodo prettamente scientifico. In esso Wall Kimmerer fa proprio un confronto tra la visione della natura da parte dei nativi americani e degli “occidentali”. Il libro che analizziamo oggi è un estratto proprio di questo best seller.

The Democracy of Species

Questo capitolo del suo capolavoro è un’ottima introduzione al lavoro di Robin Wall Kimmerer. Da queste pagine si capisce già quali sono le sue idee principali e il modo in cui legge il mondo. Si concentra soprattutto sull’impatto che il linguaggio ha sulla percezione delle cose e sulle differenze tra il vocabolario indigeno Potawatomi e quello inglese.

La sua tesi principale è che cambiando il modo in cui ci riferiamo alla natura miglioreremo anche il comportamento che abbiamo nei suoi confronti. Se infatti consideriamo gli alberi, le piante e gli animali come oggetti, è chiaro che non diamo peso alla loro estinzione o al loro dolore. Prima di qualsiasi azione veramente convinta, deve avvenire un cambiamento a livello cerebrale.

Copertina di The Democracy of Species di Robin Wall Kimmerer.
Copertina del libro.

Isolamento

Wall Kimmerer individua come prima ragione del nostro distaccamento emotivo nei confronti del mondo naturale l’isolamento da esso. Gli esseri umani si sono spostati nei centri urbani e non esiste più un legame diretto con la terra e i suoi frutti.

Questo ha creato anche l’individualismo, perché non serve più cooperare per raccogliere ciò che offre la Terra. E naturalmente ad aiutare tutto questo processo di alienazione è stato il mondo digitale.

In verità ho trovato questa parte del libro un po’ controversa, perché l’urbanizzazione e l’era digitale sono stati eventi storici e probabilmente necessari allo sviluppo delle nostre società. Condivido però il bisogno di mantenere un legame con la natura, nonostante queste innovazioni – che anzi potrebbero aiutarci durante la crisi climatica in corso.

Invece un passo molto più interessante è la spiegazione del termine eco-psicologico “Species Loneliness”. Questa solitudine della nostra specie è dovuta alla mancanza di un senso di appartenenza al mondo naturale: ci sentiamo unici, magari migliori, ma in questo modo crediamo anche di essere soli. Alienandoci perdiamo tutti gli insegnamenti che la natura e tutte le altre specie esistenti possono darci.

Il linguaggio secondo Wall Kimmerer

La prima sezione del libro è intitolata “Learning the Grammar of Animacy”. Nella semantica inglese l’animacy di una parola indica se il soggetto è animato o inanimato, un oggetto o un essere vivente.

Come ho detto nell’introduzione, uno dei concetti chiave del libro è il lavoro sull’uso del linguaggio. Scegliere un termine piuttosto che un altro è un primo passo verso un cambiamento di mentalità a tutti gli effetti.

Naturalmente Wall Kimmerer confronta le due lingue che conosce, ovvero l’americano e il Potawatomi. In inglese esiste il pronome neutro “it”, che indica oggetti inanimati, ma anche esseri viventi – agli animali e alle piante ci si riferisce quasi sempre in neutro. Secondo l’autrice, questo ci ha portato a pensare che non fossero veramente vivi, non quanto noi.

In italiano usiamo il femminile e il maschile per tutti i nomi, quindi non esiste questa distinzione grammaticale tra esseri viventi e oggetti inanimati. Tuttavia credo che la cultura capitalista e di sfruttamento incontrollato delle risorse sia arrivata in tutto il Nord del mondo, a prescindere dal linguaggio che usiamo.
Questo non vuol dire che non condivida il pensiero di Wall Kimmerer: sono convinta che il modo di esprimersi abbia un impatto pragmatico sul pensiero. Sicuramente questa è una delle chiavi per iniziare la rivoluzione ambientalista, almeno negli stati anglofoni.

Il sapere indigeno

L’ultimo punto che ho trovato centrale nella tesi di Wall Kimmerer e in tutti i suoi libri è l’importanza di ascoltare le popolazioni indigene.

Le loro tradizioni hanno portato avanti una convivenza pacifica col mondo naturale per secoli, fino all’invasione europea. L’arrivo dei coloni non ha solo portato la morte alle persone indigene, ma anche alla biodiversità conservata fino ad allora.

Tra gli insegnamenti del sapere indigeno mi ha colpita molto l’idea del “Honorable Harvest”, ovvero il prendere dalla Terra solo ciò che è necessario. Questo concetto è ormai alieno al pensiero occidentale che al contrario sfrutta il suolo finché può, fino a ridurlo a una terra arida.

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Yoga è stata pescata accidentalmente da un peschereccio a strascico davanti alla costa di Cesenatico. Attualmente sta svolgendo il processo di riabilitazione in vasca presso le strutture di Cestha e nei prossimi giorni svolgerà gli accertamenti veterinari. Ancora non ha iniziato ad alimentarsi, si deve ancora abituare alla sua vasca.

The Black Bag ha deciso di battezzarla con il nome Yoga - dopo averla adottata - per ringraziare David e Gruppo Yoga Solidale Genova per aver contribuito, con una donazione, alla sua adozione.

Bellolampo viveva insieme al suo branco di cani liberi nella discarica di Palermo situata in Via stradale Bellolampo, dalla quale prende il nome.

Non sappiamo esattamente perché, ma il branco è stato catturato e portato nel canile municipale di Palermo, un luogo assolutamente inospitale, inadeguato e spaventoso per tutti i cani, ma soprattutto per i cani nati liberi che non hanno praticamente mai avuto contatti con l’uomo.

La data di nascita viene indicativamente riportata come l’1/12/2015 e l’ingresso nel canile di Palermo è avvenuto il 9/4/2016.
Bellolampo aveva solo 4 mesi quando è stato tolto dal suo territorio nativo e separato dai suoi fratelli per essere chiuso in un box sovraffollato.

Una volontaria del canile di Palermo segnalò a Buoncanile l’urgenza di trovare una sistemazione migliore per lui così riuscirono a farlo arrivare a Genova nell’ ottobre 2016 insieme ad un'altra cagnolina, Papillon.

Furono i primi cani del #buoncanileprogettopalermo.

Bellolampo ha subito manifestato una forte paura nei confronti delle persone e dell’ambiente, arrivando anche a mordere, mentre si è dimostrato da subito capace e desideroso di instaurare forti legami con gli altri cani.

Nel tempo ha imparato a fidarsi dei gestori del canile e piano piano ad aprirsi anche a pochi volontari selezionati.

Essendo un cane molto carino e anche di piccola taglia negli anni ha ricevuto diverse richieste di adozione, ma tutte incompatibili con il suo carattere diffidente e spaventato.

Una curiosità? Bellolampo ama gli equilibrismi! Gli piace saltare sui tavoli, le panche, le sedie, i muretti e proprio non resiste al fascino della carriola!!

Mix pittina dagli occhi magnetici... salvata da pesante maltrattamento. Viveva a Napoli legata alla ringhiera delle scale condominiali ad una corda cortissima.

Lei è un cane eccezionale, nata nel 2013. Entrata in canile nel 2014 si è subito distinta per le sue naturali doti olfattive: con lei abbiamo lavorato tantissimo sulla discriminazione olfattiva, fino a farle seguire delle vere e proprie piste di sangue finalizzate al ritrovamento di persone scomparse (attività fatte solo ai fini ludici).

Non va d’accordo con i suoi simili, per cui cerca una famiglia senza altri animali in casa, una famiglia dinamica , esperta e disposta ad un percorso conoscitivo.

Paco cerca casa! Si trova a Genova!

Paco è stato adottato da cucciolo con la superficialità di chi crede che un cucciolo sia un foglio bianco sul quale scrivere ciò che si vuole, e con la stessa superficialità è stato portato in canile perché dopo due anni era cresciuto con caratteristiche diverse da quelle di un peluche.

Paco è un cane affettuosissimo, curioso e dinamico, viene presentato a tutti i nuovi volontari del canile come uno tra i cani più equilibrati e gestibili anche per chi è alla prima esperienza.

Ama passeggiare a lungo, è già abituato a vivere in casa, viaggia volentieri in auto, è sempre alla ricerca di nuove avventure da fare in compagnia dei suoi amici, è molto bravo in città, non ha paura delle persone, né dei cani. Non ama i cani maschi, è invece molto bravo con le femmine. Non è compatibile con i gatti.

E’ un cane adulto oramai, è nato nel 2014, una taglia media (circa 20 kg), è un cane che sa gestire bene le emozioni, i suoi bisogni e i suoi spazi.

Paco ha bisogno di un'adozione responsabile, che non sottovaluti i segnali di stress che sa comunicare, soprattutto quando vuole riposare in cuccia senza essere disturbato.