Siamo nel 2008 e un’incombente pandemia è alle porte nell’Italia del sud. Una pandemia che minerà la resilienza economica, sociale e culturale negli anni a venire di una delle più belle e antiche regioni d’Italia, la Puglia. Stiamo parlando della Xylella fastidiosa, il batterio che da un decennio sta mettendo in crisi l’olivicoltura della Puglia. Un patogeno esotico, arrivato dalla Costa Rica, che, insediandosi nello xilema (il tessuto che trasporta la linfa grezza nelle piante) produce grumi di gel che portano gli ulivi a morire di sete. In questo articolo parleremo del profondo attributo simbolico degli ulivi e lo stato di sviluppo della Xylella fastidiosa, “fastidiosissima” in Puglia.

Fonte: www.lecronachelucane.it
Antica storia degli ulivi: tra mitologie e leggende
Sin dalla notte dei tempi, l’ulivo (Olea europea L.) è un simbolo di pace, saggezza, resilienza, purezza, prosperità e gloria.
Ormai confermato da storici, archeobotanici, teologi e antropologi, la storia dell’ulivo risale a circa 6.000 anni fa. L'”Antico Testamento” fa testimonianza dell’antichità di questo albero. Appare in molteplici occasioni nella Bibbia, come per esempio la simbolica colomba che torna alla barca di Noè con un ramo di ulivo nel becco o come dalla ceneri di Abramo germogliarono un cipresso, un cedro e un ulivo. Ed è un ramo di ulivo che viene distribuito ai fedeli nella Domenica delle Palme in segno di pace e resurrezione.
Nell’Antica Grecia era considerato un simbolo sacro da molte popolazioni, simbolo di resistenza e longevità. L’usanza prevede che venissero donati un ramo di ulivo ed un’ampolla d’olio agli Ateniesi vincitori. E ancora, l’ulivo, donato a Zeus da Atena, considerato il dono più utile per l’umanità come riporta la mitologia greca.
Omero, nelle sue opere l’Iliade e l’Odissea, descrive come il letto nunziale di Ulisse fu costruito da un tronco di ulivo.
L’era degli egizi è caratterizzata dalla leggenda che fu Iside, dea della Luna, sorella e sposa di Osiride, dio del Sole, a donare agli uomini la capacità di estrarre l’olio dalle olive. Simboli dell’unione tra Iside e Osiride, le foglie dell’ulivo sono argentee, ricordando la luna, mentre l’olio giallastro, il colore del sole. Da questa leggenda nasce il nome di Isidoro.
Nella Roma Antica, una corona di ulivo era offerta ai cittadini più valorosi. E la percezione simbolica, inizialmente pagana dell’ulivo, fu poi ereditata nel Cristianesimo come albero testimone delle generazioni che passano.
L’ulivo viene riportato anche nel Corano, considerato la luce di Dio. Si tramanda che il suo olio, collocato in un’ampolla, ha la capacità di illuminare come una scintillante stella.
Infinite le citazioni di questo albero in testi e popolazioni antiche, che testimoniano l’utilizzo di questo albero sin quasi dall’origine dell’uomo. Si racconta, non solo un utilizzo culinario, ma soprattutto sacro, simbolico e magico.
Gli ulivi monumentali del Salento, “I guardiani del tempo”
La “Piana degli Ulivi” è la famosissima distesa di olivicoltura nel Salento delimitata dai comuni di Fasano, Ostuni, Carovigno e Monopoli. Essa accoglie 250 mila ulivi, costituita da un’ altissima concentrazione di esemplari millenari, alcuni dei quali si stima raggiungere un’età fino ai 3.000 anni.
La Puglia, con le sue distese di tronchi segnati dal tempo, è un panorama affascinante di tempi perduti la cui memoria viene conservata in questi magnifici esemplari di ulivi. Infatti, i salentini manifestano un affetto profondo, culturale/storico, e non solo economico, per queste piante ultra secolari. Esse rappresentano dei monumenti naturali ricchi di storia, leggende, mitologie racchiuse nei loro tronchi e nelle fronde imponenti. Essi sono “I guardiani del tempo”, raccontando una storia di 3.000 anni.
Xylella fastidiosa, specie invasiva nel Mediterraneo
Nel genere del batterio Xylella sono presenti due principali specie: X. fastidiosa e X.taiwanensis. La seconda specie fa chiaramente sotto intendere la provenienza del batterio, taiwanensis quindi Taiwan.
Ma la specie che sta insidiosamente distruggendo distese di ulivi ultrasecolari, tra cui piante millenarie in Puglia, la X. fastidiosa trae la sua denominazione dal fatto che è davvero fastidiosa, anzi fastidiosissima. Gli scienziati, a livello mondiale, hanno spesso trovato particolari difficoltà, non solo nel debellare il batterio, ma anche nel farlo crescere e studiarlo in laboratorio.
La Xylella fastidiosa sta fastidiosamente sterminando gli ulivi in Puglia e avanza pericolosamente in altre regioni e città d’Italia, come a Bolzano ritrovata in una pianta di caffè. Anche alcuni paesi dell’Europa hanno fatto esperienza dell’atrocità del batterio. Nel 2017, in Francia continentale e in Corsica erano presenti ca. 300 focolai su 30 diverse specie di piante, e trovata anche nel 2016 in Spagna, nelle Baleari, su piante da ciliegio.
Perché, infatti, la pericolosità della Xylella fastidiosa risiede nella sua capacità “polifaga”, ossia di trovare condizioni ottimali, non solo nella piante da ulivo, ma nella piante da frutto in generale.
Xylella fastidiosa in Salento
Nel 2008, nella zona tra Taviano e Gallipoli, gli ulivi iniziarono a perdere tratti della loro rigogliosità e salute. Un fenomeno mai visto prima in Puglia stava facendosi strada tra le colture ultrasecolari di ulivi: gli alberi iniziano a seccarsi all’improvviso.
Al principio il fenomeno non destò particolari preoccupazioni. Il motivo per cui l’ulivo rappresenta simbolicamente la “forza”, la “resistenza”, ha origine nella sua genetica: una pianta estremamente resistente e resiliente ai cambiamenti abiotici e biotici del Mediterraneo, e questo include l’invasione di patogeni.
Ci vollero cinque lunghi anni prima che la Xylella fastidiosa fosse dichiarata un patogeno invasore ad alto rischio. Il fitopatologo, Giovanni Martelli professore dell’Università di Bari, intuì la pericolosità della stessa. Studiando il problema che stava causando la morte in massa delle coltivazione di ulivo salentine, e grazie alla sua esperienza pregressa con il patogeno studiato nelle viti californiane, suggerì di ricercare negli ulivi proprio questo batterio. Fino a quel momento, era stato segnalato in Europa solo una volta alla fine del 1800 su piante da frutto, ma non sugli ulivi.
Nel 2013 i laboratori confermarono l’intuizione del Professor Martelli: gli ulivi pugliesi erano affetti dalla Xylella fastidiosa. Gli studi successivi sul genoma del batterio ne confermarono anche la provenienza. La Xylella varcò i confini italiani su una pianta di caffè ornamentale costaricana acquistata da un florovivaista.
Sfortunatamente, la combinazione di diversi fattori ha fatto sì del diffondersi del batterio su tutta la “Piana degli Ulivi”. Le cause sono molteplici:
- il ritardo nella ricerca e le difficoltà di studiare il batterio in laboratorio;
- nell’individuazione del patogeno causante la morte delle piante;
- il clima caldo con inverni temperati tipici del Salento, condizioni ottimali per la proliferazione del batterio, accentuati a causa della tropicalizzazione del Mediterraneo;
- la vastità delle piante di ulivo presenti in tutto il territorio;
- l’alta densità delle popolazioni di sputacchina (Philaenus spumarius), l’insetto vettore dell’infezione.

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L’inchiesta sulle origini della Xylella fastidiosa nel Salento
La misura principale per contenere e debellare l’invasione della Xylella fastidiosa nel Salento è quella dell’eradicazione totale delle piante infette e delle piante limitrofe non ancora invase dal batterio. Il fine della misura è quello di bloccare la proliferazione del batterio nel mentre che la scienza possa trovare misure meno drastiche e radicali.
Dovuta alla profonda connessione e senso di appartenenza che i salentini hanno per gli ulivi, questa soluzione ha creato enormi dissensi e malcontenti nell’opinione pubblica. E così, interpretazioni complottiste non vennero a meno, diffondendosi con particolare intensità tra la gente locale. Tra queste si riportano: “la Xylella sarebbe stata portata con l’inganno nel Salento da oscuri produttori rivali“, oppure “la Xylella è stata inoculata dai fautori del progetto del gasdotto TAP, che porterà il gas dall’Azerbaigian in Italia passando per la provincia di Lecce“. Le comunità locali organizzarono proteste e sit-in nelle coltivazioni di ulivo destinate ad essere meccanicamente rimosse, come segno di dissenso dell’eradicazione di alberi secolari. Negli anni, vari autori scrissero canzoni e poesie per manifestare il dolore e la frustrazione per la perdita di simboli intrinsechi della storia di un territorio millenario.
Queste voci hanno portato la Procura di Lecce nel 2015 ad avviare un inchiesta d’indagine. Gli ulivi destinati all’abbattimento furono sequestrati e dieci scienziati e funzionari della regione indagati. Essi furono accusati di aver favorito la diffusione della malattia con condotte irresponsabili per sinistri interessi. L’inchiesta si concluse nel 2019 con esito negativo, dove le persone sotto inchiesta non furono ritenute responsabili per l’avvento del batterio.
L’inchiesta comunque ha provocato dei rallentamenti nella ricerca di misure alternative per debellare il batterio, e il sequestro degli ulivi infetti impedì la loro rimozione permettendo alla Xylella di agire indisturbata.
La situazione a oggi
I ritardi causati dai motivi sopracitati evidenziano le grandi difficoltà che sorgono nel far fronte alle specie invasive, quando comunità, scienza e politica non lavorano fianco a fianco per risolvere il problema. Tra queste anche l’inadeguatezza governativa nel stanziare prontamente ammortizzatori economici per risanare la perdita economica degli agricoltori pugliesi. Alcuni di essi hanno dovuto farsi carico dei costi monetari per la rimozione degli alberi infetti, oltre che a far fronte alla conseguente perdita di profitto.
La Corte di Giustizia europea ha condannato nel 2019 l’Italia per i ritardi nell’affrontare l’emergenza. Secondo le normative europee, l’unico rimedio da attuare in questi casi è l’abbattimento delle piante infette e il controllo degli insetti che trasportano il batterio. Una soluzione che fino a questo momento ha avuto poco effetto dovuta alla difficoltà della sua messa in pratica, causando però un alto rischio della diffusione della Xylella fastidiosa in altre parti d’Italia e Europa.
La conseguenza in numeri è che, ad oggi, l’area infetta è ampia 6.150 km2, contenuta grazie ad una zona cuscinetto di 580 km2a cavallo delle province di Taranto e Bari. L’epidemia ha cancellato il 73% della produzione di olio in provincia di Lecce, con un danno complessivo di 1,6 miliardi di euro.
Future prospettive
La prospettiva che la Xylella potrebbe far sparire l’olio italiano ha riunito autorità europee e scienziati da tutto il mondo per evitare una catastrofe alimentare, economica, sociale e culturale.
Sotto queste condizioni nel 2019, grazie al progetto POnTE (Pest organisms threatening Europe), finanziato con 7 milioni di euro dall’Unione Europea (al quale si è poi affiancato il progetto XF-ACTORS, per 10 milioni complessivi), gli scienziati sono riusciti ad individuare due varietà di olio resistenti al batterio. Le varianti sono la “Leccino” e la “Favolosa”, nelle quali sembrerebbe che le popolazioni del batterio, dopo l’infezione, mantengono una concentrazione almeno 100 volte più bassa rispetto alle varietà diffuse nel Salento, dichiara Maria Saponari dell’IPSP-CNR. Questi ulivi dimostrano una resistenza maggiore alla Xylella, manifestando pochi sintomi o nulli, e possono continuare a produrre.
Gli studi sulle varietà resistenti proseguono grazie alla collaborazione di un’azienda olivicola di Gagliano del Capo, dove l’agronomo Giovanni Melcarne ha messo a disposizione dei ricercatori del CNR una parte delle sue proprietà per le sperimentazioni condotte con piante nate spontaneamente nelle zone infette. Melcarne è riuscito a produrre 50 litri d’olio novello da quasi 5 quintali di olive di piante infettate da Xylella, innestate con varietà resistenti e tornate a produrre dopo 3 anni.
Nel 2021 è partito un altro progetto intitolato “Addestramento e impiego di unità cinofile nel rilevamento precoce della Xylella fastidiosa” messo appunto dall’Ente nazionale cinofilia italiana (ENCI), l’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (IPSP-CNR), Unaprol e Coldiretti. Gli XDD – Xylella Detection Dogs – sono una task force cinofila anti Xylella in grado di individuare il patogeno nelle piante ancor prima della comparsa di sintomi riconoscibili. Un progetto ambizioso che potrà essere di enorme utilità per i controlli nei vivai e dei punti di importazione di piante esotiche nel futuro.
Ultimo ma non meno importante, il IPSP-CNR ha sviluppato un sistema di identificazione preventiva della presenza di disseccamento rapido degli ulivi. Esso è raggiunto attraverso tecniche di remote sensing, ossia il telerilevamento, sempre come misura preventiva di debellamento della Xylella.
Conclusione
Questi progetti, che hanno visto la mobilitazione all’unanimità di istituzioni a livello, non solo regionale/nazionale, ma anche europeo, danno speranza per la salvaguardia della Piana degli Ulivi, il territorio che ospita tra gli alberi di ulivo più antichi al mondo, e in generale della produzione di ulivi e alberi da frutto in Italia e Europa.
Il fenomeno della Xylella fastidiosa sottolinea la necessità di promuovere la coltivazione di piante, sia a scopo alimentare che ornamentale, autoctone, ossia di origine italiane. L’importanza di essere più attenti e consapevoli sulle conseguenze che l’importazione di piante esotiche può avere sulle nostre coltivazioni e biodiversità, deve apportare la consapevolezza, in ognuno di noi, che il perpetuo scambio commerciale a livello internazionale può allo stesso tempo causare la fine e presentare una minaccia alla nostra agro-cultura e natura.
Vi lascio con un promemoria riguardo all’enorme biodiversità del nostro paese, l’Italia:
- occupa lo 0,5% della superficie terrestre
- per la sua posizione sulla Terra, è caratterizzata da condizioni climatiche e topografiche uniche al mondo
- sono presenti ca. 7000 specie di vegetali commestibili (il secondo paese al mondo è il Brasile e ne contiene 3300)
- qualsia regione italiana ha più specie vegetali di qualsiasi paese europeo
- sono presenti 58000 specie animali
- ci sono 1200 vitigni autoctoni
- ci sono 533 specie di olive
- e 140 specie di grano duro
Siamo uno dei paesi più bio-diversi al mondo, occupando solo lo 0,5% di superficie terrestre. Proteggere la nostra biodiversità significa proteggere la nostra cultura.